San Bernardino da Siena, il predicatore con gli occhiali

San Bernardino da Siena
di Marianna D'Ovidio
3 Minuti di Lettura
Sabato 18 Giugno 2022, 16:53

L'AQUILA Correva l’anno 1380 e mentre a Roma si spegneva la luminosa Santa Caterina da Siena, a Massa Marittina nasceva San Bernardino. Dal paese natale si trasferì a Siena allorché, rimasto orfano di entrambi i genitori all’età di 6 anni, fu affidato alle cure di una zia.

Predicatore vacante e indefesso, operò per la pace in molte città italiane dilaniate da lotte intestine o distratte da guerre con città vicine. Dotato di un carisma eccezionale, era considerato un trascinatore di popolo e la gente accorreva per ascoltarne le sue orazioni. Durante i sermoni, dal palco esibiva la tabulella: una tavoletta recante il monogramma di Cristo JHS – Jesus Hominum Salvator (Gesù Salvatore degli Uomini) inserito in un sole radiato, considerata l’egida sotto la quale ogni contesa era destinata a placarsi. L’emblema ebbe talmente fortuna che quando Ignazio De Loyola fondò l’ordine dei Gesuiti e ne assicurò l’osservanza al nome di Gesù, riprese il segno con gli opportuni aggiustamenti. La sua ampia predicazione e l’uso della tabulella gli fecero guadagnare lamentele presso il Papa e fu quindi accusato di superstizione, ma la benevolenza del pontefice fu tale da superare le ingiurie. Per tre volte si volle innalzarlo alla porpora cardinalizia, ma rifiutò sempre in luogo della predicazione.

Visitò molte città dell’Italia settentrionale, soprattutto della Lombardia e della bergamasca dove oggi, più precisamente a Lallio, sorge la chiesa più antica a lui dedicata (1450).

Per molti anni viaggiò a piedi, ma poi si risolse a prendere un asinello che probabilmente aveva anche il compito di trasportare i suoi libri, diversi volumi in carta pecorina, una Bibbia e qualche quaderno. Era il tempo in cui né la carta né tantomeno la stampa erano stati inventati e per realizzare un solo volume della Bibbia era necessario un intero gregge di pecore. Lesse così tanto che ben presto dovette indossare gli occhiali. E allora, probabilmente per l’esigenza di una presa diretta durante il viaggio portò gli occhiali chiusi in un astuccio legato alla cintura (una assoluta novità!). Il pittore Conrad Leib così lo ritrae in una tavola datata tra il 1460 e il 1465 e conservata al Pokrajinski Muzej di Pettau (Slovenia): col crocifisso nella mano destra e la custodia degli occhiali alla cintura. Per renderne pratico l’uso inoltre, come anche Savonarola, usò il “berrettino” da occhiali dotato di un uncino per agganciarveli: l’invenzione delle stanghette sarà successiva!

È considerato patrono dei filatori di lana, in riferimento al saio francescano dell’ordine cui appartiene, e soccorritore contro la raucedine e le malattie polmonari. Questo grazie ad un prodigio che lo riguardò in prima persona: non avendo possibilità di tenere la sua prima predica per via della raucedine, invocò la Vergine che cauterizzò la gola con un tizzone ardente.

Oltre che predicatore fu anche volontario nella cura dei malati durante la peste del 1400 e, nonostante il perversare della pandemia, con alcuni amici si presentò presso l’Ospedale di Santa Maria della Scala di Siena per offrire i suoi servigi.

Morì all’Aquila il 20 maggio 1444 e dopo solo sei anni fu elevato agli onori degli altari da Niccolò V. Può essere considerato un santo attualissimo per la predicazione a favore della pace, la cura degli appestati e la protezione sui polmoni. Potremmo anche considerarlo il più grande influencer del medioevo, se ci atteniamo alla lettura encomiastica che ne fa il suo biografo Maffeo Vegio. Per via del talento comunicativo è considerato il protettore dei pubblicitari. Una città in California porta il suo nome in riferimento ad una missione spagnola del 1810 a lui intitolata.

Marianna D'Ovidio

© RIPRODUZIONE RISERVATA