Visita del Papa, Biondi: «Dono non arrivato per caso, ora sfruttare questa opportunità»

Visita del Papa, Biondi: «Dono non arrivato per caso, ora sfruttare questa opportunità»
di Stefano Dascoli
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Mercoledì 31 Agosto 2022, 15:24

L'AQUILA - «Doni così non arrivano per caso né se si inseguono con eccesso di bramosia. Diciamo che è stato un mix tra la voglia di perseguire il risultato e la capacità che abbiamo avuto di trasformare la Perdonanza in qualcosa di diverso rispetto a quello che era prima. Senza contare la grande fiducia in quello che stavamo facendo e l'aiuto determinante della Chiesa». Così il sindaco, Pierluigi Biondi, sintetizza in questa intervista al Messaggero quello che definisce «un momento di svolta nella storia della città».


Sindaco, cosa ha provato nel vedere Papa Francesco, sofferente, ma determinato, aprire la Porta Santa di Collemaggio?
«La netta sensazione che quel momento stesse segnando la storia della città dell'Aquila. Esserne testimone oculare diretto, in posizione privilegiata, mi ha riempito non solo di gioia, ma anche di gratitudine, per questa opportunità che l'essere sindaco mi ha regalato».

Quale è la valenza di ciò che è accaduto?
«Dal 28 e, aggiungo io, dalla mattina del 29, quando la Diocesi ha diffuso la notizia della proroga dell'indulgenza per un anno, è cambiato il destino della città. Cambia la percezione della Perdonanza. Ovviamente se saremo in grado di sfruttare questa opportunità».

Cosa si può e si deve fare?
«Probabilmente, dopo aver fatto un ragionamento, dire al comitato che deve continuare il suo lavoro. E magari aggiornarlo con professionalità in grado di seguire più da vicino tutto ciò che comporta lucrare l'indulgenza per un anno. E poi riunirsi con la Curia per capire come dare corpo a questa opportunità».

Quando ha avuto la certezza che il Papa sarebbe arrivato in città?
«Quando siamo andati in udienza privata (era il 1 giugno, ndr) in Vaticano. Lì ho incontrato monsignor Leonardo Sapienza che, quando don Gino mi ha presentato, mi ha detto: Siete pronti?. Lì ho capito».

La città è pronta, come dice Francesco, a diventare la capitale del Perdono, un nuovo riferimento della cristianità, la meta di un costante pellegrinaggio?
«La città è pronta. Anche sotto il profilo della mentalità: è evidente che abbiamo atteso questa opportunità per tanti anni, sarebbe paradossale non sfruttarla».

E le strutture?
«Anche da questo punto di vista non esistono bacchette magiche.

Credo che la maturazione avverrà gradualmente. Però certamente potranno arrivare più certezze per chi avrà nelle corde un certo tipo di impresa. In questa fase così difficile e così incerta può essere uno stimolo. Bisognerà poi ragionare anche sui fondi che abbiamo, per puntualizzare la progettualità».

Come sono i rapporti con la Curia in una città contrassegnata, storicamente, da una certa altalenanza?
«Straordinari. Con il cardinale, con l'ausiliare, con il Clero aquilano, con i parroci. Ci sono grande amicizia e collaborazione e credo si sia toccato con mano».

È soddisfatto della rappresentazione che i media esteri hanno offerto della visita del Papa?
«Era inevitabile che influisse un po' il gioco sulla storia del rifiuto e delle dimissioni. Credo che l'importante è che comprendano appieno il valore, e sono certo che sarà così, fedeli e pellegrini. Non farei il purista, dobbiamo essere molto contenti. Avremo tempo e modo per precisare meglio i contenuti e i progetti».

La visita al Duomo ha riaperto una ferita mai chiusa. Che giudizio ne dà?
«Ho apprezzato molto la volontà di lanciare un monito direttamente da San Massimo perché chi governa la Nazione, a prescindere da chi c'è stato, c'è e ci sarà, deve comprendere che quando si fanno le scelte su base ideologica, e mi riferisco alla legge 125 che ha tolto la competenza della ricostruzione delle chiese alla Diocesi, cosa non fatta per il Centro Italia, poi ci sono conseguenze che sconta tutta la comunità».

A livello personale, come ha vissuto questa fase della sua vita privata e professionale?
«Non mi è pesato nulla, a un certo punto si prendono le misure e diventa quasi naturale. Certo, bisogna sempre avere le mani sul volante e gli occhi attenti. Ma ho fatto tutto con grande sentimento di serenità. Con la convinzione intima, e non è presunzione, che ero in pace con la mia coscienza. Anzi, qualcuno mi ha anche stuzzicato dicendomi che se ci fossero state altre tempistiche avrei potuto tentare la strada del Parlamento. Onestamente se oggi fossi stato messo di fronte a una opzione, rappresentare la città a Roma o continuare il lavoro qui all'Aquila, non avrei avuto il minimo dubbio».
 

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