L'Aquila, vogliono coprire le bifore di Braccio da Montone: il caso finisce in Procura

Da uno degli aggregati più antichi della città è emerso un tesoro che può riscrivere la storia

Le bifore a Fortebraccio
di Stefano Dascoli
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Martedì 25 Luglio 2023, 14:57

L'AQUILA - Un pezzo della storia della città rischia di essere cancellato per sempre per una serie di incredibili dinamiche legate alla ricostruzione post terremoto. Parliamo di un loggiato trecentesco, composto da tre bifore che si trova all'interno dell' aggregato "Sperone di Fortebraccio", che insiste sull'omonima via.

Non un complesso qualunque, ma addirittura uno dei più antichi della città, forse addirittura la dimora di Braccio da Montone che nel 1424 perse la battaglia dell'Aquila contro le armate cittadine. Uno di quei tesori del sisma che potrebbero aiutare a riscrivere una parte della storia cittadina e che invece rischia di andare perso.

Quelle tre bifore, di inestimabile valore storico, culturale e architettonico, scoperte durante i lavori, hanno infatti rischiato di essere goffamente chiuse, tombate, cancellate dalle opere di ricostruzione dell'edificio.

A fermare lo scempio, in extremis, è stata la Sovrintendenza, che ha inviato tutta la documentazione ai carabinieri del Nucleo Tutela Beni culturali, alla Direzione investigativa antimafia e alla Procura della Repubblica, per verificare eventuali responsabilità.

LE TAPPE

La vicenda si trascina da cinque anni, dall'avvio del cantiere datato maggio 2018 il cui appalto è stato assegnato a un'associazione temporanea di imprese composta dal Consorzio Adriatico Costruzioni e dalla Meg (quest'ultima peraltro finita al centro di una indagine della Procura e dunque ormai fuori dalla vicenda).

In sostanza il Consorzio dell'aggregato, motivando la decisione con la mancanza dei fondi post sisma per il consolidamento strutturale delle bifore, aveva chiesto di chiuderle.

Dopo le segnalazioni dei residenti e dopo alcuni sopralluoghi tecnici, la Sovrintendenza, in particolare grazie all'intervento della soprintendente Cristina Collettini e del funzionario Carla Pancaldi, ha ovviamente detto "no" alla richiesta del Consorzio, ha trasmesso gli incartamenti a Procura e forze dell'ordine e anche al Comune, per le verifiche di carattere urbanistico.

Parallelamente a questo viaggia un altro aspetto della vicenda, ovvero la verifica delle qualificazioni necessarie per lo svolgimento dell'appalto: il possesso, da parte delle imprese, della certificazione Soa per un complesso sottoposto a vincolo monumentale.

Al momento la situazione è bloccata, ma è chiaro che l'importanza dei ritrovamenti imporrebbe una celere risoluzione delle criticità, salvaguardando il loggiato e verificando la regolarità delle operazioni.

IL VALORE
Sotto il profilo storico, si diceva, questo aggregato può riscrivere la storia della città. Le bifore sarebbero state realizzate tra la fine del 300 e l'inizio del 400 da alcuni artigiani di Capua. Da qui il legame con Braccio da Montone, che fu anche principe di Capua. E che potrebbe aver perso la vita, nel 1424, proprio in questa via.

Peraltro durante i lavori è emerso una stemma sulla facciata il cui studio potrebbe ulteriormente chiarire il legame con il condottiero. Insomma, ci sono tutti gli ingredienti affinché il famigerato "modello aquilano" della ricostruzione si espliciti al meglio possibile per riconsegnare alla città un tassello prezioso della sua storia.

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