Viterbo, lei voleva andarsene
lui l'ha uccisa nel sonno

Viterbo, lei voleva andarsene lui l'ha uccisa nel sonno
di Massimo Luziatelli e Alessia Marani
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Domenica 13 Ottobre 2013, 16:39 - Ultimo aggiornamento: 14 Ottobre, 14:06

VITERBO - L’ha uccisa nel sonno. Dieci, dodici, forse pi coltellate, lo stabilir l’autopsia.

Quel che è certo è che l’ultimo fendente è stato quello mortale: con la lama di un coltellaccio da cucina, lunga 21 centimetri, che è rimasta infilzata nella gola delle poveretta. La vittima si chiamava Anna Maria Cultrera, di 61 anni. Era nata a Viterbo, da sei mesi viveva con il compagno-assassino in una casa nel centro di Barbarano Romano, paesino della Tuscia laziale. Ma era conosciuta anche al Nord, in Lombardia, nella provincia di Lecco dove aveva lavorato tanti anni come impiegata delle Poste e dove era naufragata la sua precedente unione. Un matrimonio da cui erano nati i suoi tre figli, due maschi e una femmina, che le avevano regalato anche dei nipotini. «Voleva tornare da loro, si stava per trasferire - racconta con un filo di voce il fratello Vincenzo, che a Viterbo fa l’assicuratore - vedere crescere i nipoti. E forse chissà quell’uomo, che io conosco appena, aveva paura di perderla».

L’ASSASSINO

Quell’uomo è Antonio Matuozzo, 65 anni, d’origini napoletane, un parrucchiere in pensione che porta sulle spalle il peso di un’accusa infamante: molestie sessuali, reato per cui finì in galera nel Nord Italia anni fa. A raccontarlo sono i carabinieri della compagnia di Ronciglione che alle 3,30 della notte tra venerdì e sabato sono andati a casa della coppia per mettergli le manette ai polsi. Con Anna Maria erano legati da circa sei anni. L’altra notte il raptus dopo una lite scoppiata nel pomeriggio: pare che i due stessero per comprare una casa, o che forse lei voleva acquistarla da sola per andare a vivere vicino ai figli. Qualunque fosse la ragione, gli inquirenti l’hanno archiviata sotto la dicitura «futili motivi». Futili motivi per cui s’è spenta la vita di una donna.

Antonio affonda la lama. La donna è sul letto in una pozza di sangue. Ha la freddezza di afferrare il telefono e chiamare il 112: «Ho ucciso la mia compagna, mi chiamo Antonio Matuozzo, abito in via IV Novembre a Barbarano Romano, venitemi a prendere. Passate dal retro del palazzo si fa prima». In un attimo sul posto arrivano gli uomini del maresciallo Marco Stella. «Sono qui», dice Antonio poi accompagnato in caserma, dove verrà interrogato per otto lunghe ore dal capitano Carlo Scotti e dai suoi uomini. Straparla, racconta di soldi, dei figli di lei. Dice cose che mai potrebbero giustificare un assassinio. Viene fotosegnalato, l’accusa, atroce, messa nero su bianco: omicidio volontario. Comincia il triste rituale delle chiamate per avvisare i familiari della vittima. Intorno a mezzogiorno per Matuozzo si spalancano le porte del carcere viterbese.

L’AUTOPSIA

La Procura ha disposto l’autopsia, che non si farà comunque prima di lunedì. Da Lecco sono piombati a Viterbo i figli della donna. «Siamo tutti qui insieme a casa mia - racconta ancora Vincenzo, che ha un altro fratello - sono momenti difficili, non so neanche come trovo la forza di parlare. Però mia sorella era una donna eccezionale. Quell’uomo, invece, chissà che gli ha detto la testa». In paese a Barbarano Romano, sono in pochi a conoscere la coppia. «La residenza - spiega il sindaco Rinaldo Marchesi - l’avevano da qualche mese. Questo femminicidio, all’indomani dell’approvazione in Senato di un provvedimento per contrastare il fenomeno, ci sconvolge». «Sembravano tranquilli - dice un vicino -, lei usciva poco di casa. Forse non stavano bene. Questi fatti pensavamo di sentirli solo alla tv. Invece ecco il dramma».

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