Tra lotte per la supremazia, rivolte, usurpazioni, invasioni barbariche e cortigiani ambiziosi, la dinastia regnante presto si assottiglia, finché non rimane un solo imperatore. Ma un unico sovrano ora sembra insufficiente per governare un territorio così esteso, peraltro minacciato lungo tutti i confini. E allora le lotte di potere e i contrasti tra parenti ricominciano. Con Giuliano l’Apostata, ultimo rappresentante della famiglia, si assiste addirittura al clamoroso quanto fugace ritorno del paganesimo a Roma. Ma l’impero è ormai al crepuscolo e la sua fine travolgerà tutti, dagli eredi di Costantino a coloro che li hanno sostenuti o combattuti, amati o odiati: il vescovo Osio, Minervina e Sesto Martiniano, i loro figli anche. Tutti ugualmente condannati dall’epoca tragica in cui sono vissuti.
La sensazione che si prova fin dalle prime parole del libro (come sempre accade con i romanzi di Frediani), è quella di leggere qualcosa di importante, e non solo per memoria storica. L’autore infatti ripercorre le vicende con la penna di chi è grande conoscitore dei fatti narrati, ma anche dei particolari che ne compongono il quotidiano. E poiché, come spiega lui stesso «siamo nella civiltà dell’immagine», lo stile è quello di un linguaggio strettamente cinematografico e televisivo, con montaggi alternati, soggettive, scene e non capitoli, e ancora, sospensione della scena nel momento culminante. Ad essere privilegiata nella storia è la psicologia dei personaggi, fatta di motivazioni, convinzioni ed emozioni, per permettere al lettore di identificarsi il più possibile con la loro situazione.
Ed ecco che, pagina dopo pagina, non si può fare a meno di appassionarsi alle figure che ci accompagnano durante la narrazione. A partire proprio da Costantino, «uno dei personaggi più determinanti della storia occidentale», racconta l’autore, che parla del suo grande protagonista ricordandolo come «colui che ha scelto di puntare sul cristianesimo e sugli immigrati, cambiando il volto dell’Impero romano, e fondando Costantinopoli. E che avrebbe resistito per altri mille anni dopo la caduta dell’Impero romano d’occidente, costituendo il baluardo contro l’avanzata dell’Islam in Europa, in un periodo, il Medioevo, in cui gli stati nazionali non si erano ancora formati e non erano in grado di sostenere gli attacchi dall’esterno. Se non fosse stato per lui, forse l’Europa sarebbe musulmana da secoli», riflette Frediani.
E poi c’è Minervina, una figura che per l’autore ha un peso importante. Pur essendo di pura fantasia, infatti, «il suo personaggio è pesantemente ispirato a una persona reale che conosco», confessa lo scrittore, che conclude: «Ciò che sappiamo di lei dalle cronache antiche è che era la concubina di Costantino, che ha partorito Crispo e che fuggì con lui in Occidente. Neppure sappiamo se sia stata ripudiata o se sia morta di parto. Semplicemente, scompare dalla storia dopo poche e fugaci menzioni. E questo dà a un romanziere l’opportunità di giostrarsela come gli pare».
“Roma Caput Mundi. L'ultima battaglia” di Andrea Frediani (Newton Compton editori, pagg. 523, euro 9,90)
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