L’estate impossibile in cui nevicò a Roma

L’estate impossibile in cui nevicò a Roma
di Luca Ricci
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Sabato 26 Luglio 2014, 12:35
Erano due dei turisti che a centinaia di migliaia vagano a Roma d’estate nei paraggi dei Fori Imperiali.

Non erano venuti insieme, ma tutti e due erano venuti da soli: una singolarità che nel loro caso fece la differenza. Fu lui a farsi avanti, come si usa in questi casi, chiedendo in un inglese neutro: “Sai mica dove posso fare il biglietto per visitare le Terme di Caracalla?”.



Finì che il giro turistico se lo fecero insieme, tra vetuste arcate e imperiture gallerie. Alla Bocca della verità lui infilò la mano e disse: “Non voglio più separarmi da te”. Lei subito dopo ripeté la stessa formula parola per parola, e la Bocca- l’antico mascherone in marmo pavonazzetto- anche in quel caso non ebbe niente da ridire. Gironzolarono in coppia come due cani randagi che si erano annusati e piaciuti dentro al Pantheon, salendo e scendendo la scalinata di Piazza di Spagna, gettando una monetina dentro Fontana di Trevi.



Ben presto nella mente di lui e di lei si fece strada il medesimo pensiero, e cioè che non era stato un caso se proprio per quel viaggio ciascuno dei due fosse partito da solo, che Roma sarebbe stata per sempre la loro città. Lui trovava commovente il modo che lei aveva di piegare la testa per guardare la cartina. Lei non poteva fare a meno di notare quanto lui fosse sciatto- polo e bernuda gualcite, scarpette consunte-, senza per questo smettere di trovarlo attraente.



A un certo punto sparirono dentro all’androne di un palazzo- uno di quei bei palazzi Umbertini che hanno scale accoglienti e portieri smaliziati-, risucchiati dentro dal loro stesso desiderio. Furono molto di più che un grappolo di baci scambiati tra quasi sconosciuti. Lui disse: “Non ti lascio più”. Lei annuì, dispiacendosi di non aver pronunciato per prima quella frase.



Successe subito dopo, quando tornarono per strada. D’estate nessuno aveva mai visto niente di simile a Roma. Il cielo, fino a qualche istante prima di un impenetrabile blu cobalto, si era come scolorito e adesso si stava liquefacendo. Era assurdo, eppure scendevano dei fiocchi di neve con una temperatura di trenta gradi all’ombra. Lui e lei continuarono a camminare a bocca aperta, tenendosi per mano.



Per quanto nessuno studio meteorologico l’avesse previsto, la temperatura colò a picco, tanto che nel centro storico di Roma si poteva respirare un’aria frizzantina, quasi che l’Altare della Patria fosse diventato una guglia delle Dolomiti. Nevicò ancora e ancora. Il Colosseo così imbiancato somigliava a una torta millefoglie, mentre il Palazzo delle Esposizioni aveva preso le sembianze di un gigantesco iceberg. Villa borghese sembrava una pista da sci, e per salire sulla terrazza del Pincio ci sarebbe voluto uno skilift.



Lui e lei continuarono a vedersi per qualche tempo, dandosi sempre appuntamento in una grande capitale europea. Dopo la passione restò l’amicizia, e di tanto in tanto capitava che si facessero una telefonata. Un giorno lui le disse: “Ma a Roma quella volta nevicò davvero?”. E lei gli rispose: “Eravamo innamorati, nevicò davvero solo per noi”.





































































































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