Lago di Vico inquinato, «a rischio la salute dei cittadini»: partono le denunce

Lago di Vico inquinato, «a rischio la salute dei cittadini»: partono le denunce
di Federica Lupino
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Sabato 22 Ottobre 2022, 05:25 - Ultimo aggiornamento: 17:22

“L'incapacità delle autorità italiane di proteggere questo sito e la sua biodiversità mette a rischio la salute dei cittadini e dell’intera comunità”. È il cuore della tesi accusatoria con cui gli avvocati ambientalisti di ClientEarth e la Lipu hanno chiamato sul banco degli imputati la Regione Lazio, l'Autorità per il servizio idrico nonché i Comuni di Ronciglione e Caprarola.

Quello del lago di Vico è un territorio ricco di biodiversità, sito Natura 2000, ovvero la rete ecologica istituita dall’Unione europea a salvaguardia di territori dagli habitat particolarmente di pregio. Eppure, secondo le due associazioni promotrici dell’iniziativa legale le istituzioni preposte non avrebbero adottato le necessarie misure per salvaguardare le acque e la conservazione del sito naturale, nonché la salute dei cittadini, violando di fatto le normative nazionali ed europee.

Il campanello di allarme delle condizioni di salute del bacino è suonato con la comparsa, ormai da anni, delle alghe rosse che, quando fioriscono, colorano le acque. Sono sintomo di eutrofizzazione: si mangiano l’ossigeno, togliendolo agli organismi che vivono nel lago, rilasciando inoltre sostanze chimiche cancerogene e tossiche. Responsabili del sovraccarico di nutrienti che favorisce la presenza delle alghe sarebbero i fertilizzanti utilizzati nelle aree agricole che circondano il lago caratterizzati per lo più dalla coltivazione intensiva delle nocciole: le piantagioni coprono più di 21.700 ettari nella regione, presentandosi lungo le sponde del lago di Vico come una monocultura. Del resto, basta percorrere le strade intorno alla zona per verificare come le nocciole si susseguano a perdita d’occhio, avendo soppiantato ogni altra coltivazione.

Una situazione che a livello locale è stata denunciata ripetutamente da più soggetti, tra i quali il Biodistretto della Via amerina e delle Forre nonché l’Isde di Viterbo, l’associazione medici per l’ambiente.

L’ultimo intervento, a fine agosto, segnalava come le acque erogate ad uso umano nei comuni di Caprarola e Ronciglione nel periodo compreso tra gennaio e giugno 2022 fossero non potabili, come anche nei mesi precedenti: “Una situazione – scrivevano poche settimane fa i medici - in oggettiva relazione con il degrado dell’ecosistema del lago di Vico come accertato da decenni di studi, ricerche e documenti da parte di enti e università”.


E ora alla sequela di associazioni in campo si aggiungono, quindi, ClientEarth e la Lipu. “È dovere delle pubbliche amministrazioni assicurarsi che le loro terre si conservino intatte nel loro potenziale. Consentendo a queste pratiche agricole intensive di continuare, le amministrazioni dimostrano di non prendere sul serio il loro ruolo di custodi dell'area: oggi l’acqua non è potabile, domani non sarà più possibile coltivare la terra”, denuncia Lara Fornabaio, giurista di ClientEarth esperta di diritto alimentare e dell’agricoltura. Aggiunge Federica Luoni, responsabile agricoltura di Lipu: "Il caso del Lago di Vico è emblematico di come un modello agricolo basato sull'intensificazione e sulla monocultura stia danneggiando il nostro più grande patrimonio di biodiversità, che fornisce i servizi ecosistemici essenziali come l'acqua potabile e la fertilità del suolo. Occorre – conclude - che le autorità a tutti i livelli si assumano la responsabilità di regolare e mettere un freno ad un modello di uso del territorio che danneggia gli habitat e le specie, a favore di sistemi diversificati che riportino un equilibrio tra agricoltura e natura".

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