Le prime parole che ha voluto pronunciare Ivanov, il presidente uscente, nei confronti di Papa Francesco sono di elogio. «Siamo riconoscenti per il supporto continuo dato alla nostra integrazione in Europa e, in generale, al progresso del nostro Paese. Le eccellenti relazioni bilaterali fondano sulla centenaria fiducia e sul rispetto che il popolo della Macedonia nutre nei riguardi della Santa Sede». Il presidente ammette che in questo momento «la società macedone è profondamente divisa e il Paese macedone è profondamente ferito da promesse non mantenute, aspettative incompiute e la scarsa fiducia nella comunità internazionale. I decenni di blocco imposto al nostro cammino verso l’Europa hanno portato a una crisi politica e morale che ha ridotto la nostra immunità spirituale ed eroso i valori veri e duraturi». Poi fa un accenno ai contrasti inter religiosi tra la Croce e la Mezzaluna, «la chiesa e la moschea sono usati in maniera impropria come confini e fortezze per contrassegnare e difendere territori immaginari. Sembra che dimentichiamo che siamo tutti un popolo, a prescindere dalla nostra fede».
È la prima volta che un Papa si reca nella Repubblica della Macedonia del Nord. L'occasione ufficiale è festeggiare il 25esimo anniversario dell’allacciamento delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede, che furono stabilite pochi anni dopo l’indipendenza, avvenuta nel settembre del 1991.
Davati al memoriale di Madre Teresa di Calcutta che nacque in un sobborgo di Skopje nel 1910 col nome di Anjezë Gonxha Bojaxhiu, il Papa ha invitato i macedoni ad essere «giustamente fieri di questa grande donna. Vi esorto a continuare a lavorare con impegno, dedizione e speranza affinché i figli e le figlie di questa terra possano, sul suo esempio, scoprire, raggiungere e maturare la vocazione che Dio ha sognato per loro».
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