Morto dopo l'assalto in tabaccheria, chiesti 15 anni di pena per i complici. Risarcimento per chi provò a fermarli

L'auto in cui venne trovato il corpo di Kozi
di Egle Priolo
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Venerdì 18 Febbraio 2022, 09:21 - Ultimo aggiornamento: 18:08

PERUGIA - Quasi quindici anni di pene in totale per la serie di furti culminata nell'assalto alla tabaccheria di Ponte Felcino, finita tra gli spari e la morte di uno dei banditi per un colpo deviato dal destino.

Queste le richieste che il sostituto procuratore Mara Pucci ha avanzato al giudice Angela Avila nel corso dell'udienza preliminare a carico del presunto commando che nella notte del 19 ottobre 2018 concluse le sue scorribande in via Cairoli: sei anni per Madrid Kaja, cinque anni per un secondo albanese ancora latitante, più la richiesta di patteggiamento a tre anni e mezzo per Erion Kozi (cugino della vittima), avanzata dall'avvocato Donatella Panzarola. I due carabinieri e la guardia giurata che tentarono di bloccare la fuga dei banditi sparando alle gomme finirono sotto processo per la morte di Eduart Kozi, ma le loro posizioni sono state archiviate e adesso si sono costituiti come parte civile in questo procedimento: con gli avvocati Nicola Di Mario e Alessandro Vesi hanno chiesto una provvisionale di 30 mila euro per ciascun militare e di 25mila per il vigilante.
La decisione del gup Avila potrebbe arrivare nella prossima udienza, che chiuderà così – salvo eventuali appelli – il racconto di una notte da film, finita in via Radiosa dove, secondo la ricostruzione degli inquirenti, i banditi abbandonarono l'auto con il corpo senza vita di Kozi, per quel proiettile che lo colpì alla nuca.
LA NOTTE DA FILM
Una nottata finita nel sangue dopo aver portato via, in base alle accuse mosse dalla procura, 16mila euro di sigarette, 15mila in gratta e vinci, ma anche dolci e contanti dalla cassa. Dopo aver speronato la Panda del vigilante messa di traverso per bloccare la fuga, non travolgendo per poco la stessa guardia giurata, che con i due carabinieri esplose un totale di 14 colpi di proiettile, per lo più indirizzati verso le gomme dell’Audi con la targa rubata pronta alla fuga.

Uno di quei proiettili centrò Eduart Kozi alla nuca (come spiegherà il medico legale Sergio Scalise Pantuso): l'uomo venne abbandonato dagli altri componenti del commando con la macchina e la refurtiva, in una stradina secondaria. Il giorno dopo lo trovò un uomo che passava di lì per raggiungere il posto di lavoro: Eduart, insanguinato, indossava ancora il passamontagna e i guanti. Gli accertamenti dei carabinieri hanno consentito di appurare che da via Radiosa i tre banditi hanno camminato a piedi per un paio di chilometri verso il centro abitato di Pretola dove hanno rubato una Fiat Uno utilizzata per rientrare in Campania. I filmati delle telecamere di Autostrade Spa hanno inquadrato l’utilitaria rubata nei caselli verso Sud: San Vittore, Frosinone, Cassino, Capua, Caianello. Alle 8.28 la Fiat Uno lascia l’autostrada ed esce a Santa Maria Capua Vetere. Il furto di Ponte Felcino - questo è stato possibile verificarlo anche attraverso le celle telefoniche agganciate dall’apparecchio di uno dei presunti malviventi - localizzano la banda nei luoghi in cui quella stessa notte sono avvenuti altri quattro furti prima di quello a Ponte Felcino finito nel sangue: 1.30 a Urbania (Pesaro Urbino), 1.55 a Città di Castello, 2.50 a Niccone, 3.15 circa a Pierantonio. Quindi Ponte Felcino, Pretola, Orte e la Campania. E adesso il tribunale.

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