Lavoravano nel privato senza autorizzazione
condannati tre medici del Santa Maria

Lavoravano nel privato senza autorizzazione condannati tre medici del Santa Maria
di Nicoletta Gigli
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Sabato 20 Novembre 2021, 09:28

TERNI Più di 180mila euro da versare all'azienda ospedaliera ternana e in piccola parte all'Usl Umbria2 come risarcimento del danno patito per l'attività svolta da tre medici dipendenti in regime di esclusività dal Santa Maria. Che, per l'accusa sostenuta dalla corte dei conti dell'Umbria, avrebbero prestato attività professionale extramoenia in uno studio medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale e organizzato in forma di unità di prime cure presso la Cittadella della Salute di Civita Castellana senza l'autorizzazione dell'azienda ospedaliera ternana. Nei guai R.C., dipendente dell'Università degli studi di Perugia quale professore associato in endocrinologia, dal 2009 alla direzione della Struttura dipartimentale universitaria di andrologia e endocrinologia della riproduzione presso l'azienda ospedaliera di Terni, S. G., dipendente usl fino al 2016 e poi dirigente medico del Santa Maria e S. C., dal 2005 alla direzione della struttura complessa universitaria di clinica medica generale in rapporto esclusivo con incarico di alta professionalità. La corte dei conti ha condannato R.C. a risarcire quasi 60mila euro e S.C. quasi 64mila euro all'azienda ospedaliera di Terni. Quanto a S.G. la sentenza della magistratura contabile lo condanna a pagare 60mila euro da ripartirsi tra azienda usl (15mila euro) e ospedale (45mila). L'atto di citazione è di un anno fa, quando la procura regionale ha convenuto in giudizio i tre medici ospedalieri dipendenti in regime di esclusività dall'azienda ospedaliera di Terni, per indebita percezione dell'indennità di esclusività, in relazione all'attività professionale prestata extramoenia senza autorizzazione presso la Cittadella della Salute di Civita Castellana. La vicenda contabile scaturisce dall'operazione Panacea della locale guardia di finanza diventata poi processo penale. Non risulta autorizzabile, neppure a domanda, il lavoro presso strutture convenzionate, quale quella in questione - si legge nella sentenza - poiché la normativa vieta di esercitare l'attività libero professionale in spazi privati convenzionati col servizio sanitario nazionale. È stato infatti appurato che i medici convenuti hanno operato alternandosi, nelle medesime otto stanze a disposizione presso la struttura di Civita Castellana, con medici di medicina generale, con medici dipendenti del servizio sanitario nazionale in regime di non esclusività e con professionisti privati non esercenti la professione medica percependo compensi lesivi degli interessi di esclusività del servizio sanitario nazionale. Gli avvocati Fabrizio Garzuglia e Carlo Moroni, legali di S.G., ricorreranno in appello e parlano di errata valutazione dei fatti soprattutto per quanto riguarda la posizione del nostro assistito. A difendere gli altri due medici gli avvocati Francesco De Matteis, Luigi Leopardi, Antonio Coaccioli e Massimo Rossini.
Nicoletta Gigli
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