L'Umbria per “lavare” i soldi di camorra e ndrangheta: dalla droga all'economia, ecco gli affari umbri delle cosche

Il procuratore generale Sergio Sottani all'inaugurazione dell'anno giudiziario a Perugia
di Egle Priolo
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Lunedì 29 Gennaio 2024, 09:04

PERUGIA - Dallo smercio di droga “sopportato” ai vari traffici per ripulire il denaro sporco: eccola l'Umbria vista dalla criminalità organizzata, con le cosche che magari non mettono radici ma muovono le fronde degli affari illeciti. Una conferma, già ribadita in più occasioni, che emerge dalla relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario firmata dal procuratore generale Sergio Sottani, che fa suonare anche l'allarme su una «criminalità economica diffusa» e i reati spia di possibili infiltrazioni. 

«La diffusa e pervasiva presenza dei sodalizi criminosi che controllano il traffico di sostanze stupefacenti – spiega infatti Sottani - costituisce già di per sé un primo segnale della presenza silente delle organizzazioni della criminalità organizzata nel territorio, in quanto è evidente che tale fenomeno criminale non si sarebbe potuto radicare senza l’assenso, più o meno esplicito, dei sodalizi mafiosi. Sul punto va segnalato l’aumento sia dei delitti di associazioni a delinquere di stampo mafioso (66,67%) che dei reati di riciclaggio (44,83%)». Il pg sottolinea comunque come in Umbria «non viene segnalato un radicamento di vere e proprie associazioni mafiose», ma – per esempio nel traffico di stupefacenti – sono stati «accertati degli stretti legami di associazioni locali con gruppi transnazionali, anche mediante l’utilizzo di piattaforme di messaggistica criptata, al punto da ritenere che quelle operanti in Umbria possano, prima o poi, identificarsi quali “filiali” di associazioni, nazionali od internazionali, di criminalità organizzata. Vi sono inoltre segnali univoci sulla presenza di associazioni a delinquere stabilmente collegate a sodalizi criminali mafiosi, dediti ad attività di riciclaggio e di reinvestimento di capitali di illecita provenienza». Da qui, la necessità di un occhio attento sul «flusso di denaro pubblico destinato alla ricostruzione» o al Pnrr «terreno fertile per le tipiche attività della mafia finanziaria. D’altronde – ricorda il pg - un’indagine della procura perugina ha sequestrato nello scorso dicembre 2023 delle somme di denaro, quale ipotizzato oggetto di riciclaggio nel settore edilizio, provenienti presumibilmente da associazioni camorristiche».

Lo stesso procuratore capo di Perugia Raffaele Cantone nella sua relazione ha insistito sul fatto che in Umbria «non sembrano agire organizzazioni mafiose stanziali; il territorio, invece, appare soprattutto di interesse di cosche criminali aliunde operanti anche per attività di riciclaggio e reinvestimento. In questo senso, le indagini effettuate e quelle in corso dimostrano la presenza, sia nella provincia di Perugia che in quella di Terni, di soggetti collegati soprattutto alle ndrine calabresi o a gruppi camorristici campani che gestiscono attività in alcuni settori economici (edilizia, turismo e commercio) sia presumibilmente utilizzando denaro e risorse di provenienza illecite, sia anche utilizzando, laddove necessario, la capacità di “intermediazione”, fondata sulla forza di intimidazione dei gruppi mafiosi di riferimento». Tra i settori di interesse, quello della «compravendita di prodotti petroliferi, la cui gestione è affidata a prestanome da soggetti legati alle consorterie criminali, campane o calabresi» o l'attenzione di clan come i Casalesi al settore del riciclo illecito dei rifiuti. «Rapporti con esponenti della criminalità organizzata campana sono risultati – ha scritto Cantone - anche nel settore delle frodi connesse alle provvidenze e ai bonus» riconosciuti sotto Covid, con «soggetti umbri che materialmente hanno svolto l’attività di monetizzazione di crediti inesistenti apparsi strettamente in collegamento con esponenti della camorra». 
E da qui si arriva alla criminalità economica diffusa – con l'aumento di reati come falso in bilancio (28,57%), violazioni finanziarie (26,42%), autoriciclaggio (14,29%) e, soprattutto, bancarotte fraudolente patrimoniali (81,44%) - che, scrive Sottani, «pur non essendo diretta espressione di associazioni di criminalità organizzata ne costituisce terreno fertile sia per l’infiltrazione che per un omertoso dialogo delinquenziale».

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