PERUGIA - «Sono incinta. E ho paura». È preoccupata Giovanna: la sua gravidanza è iniziata da sole otto settimane e ha il terrore che i prossimi sette mesi possano essere un incubo. In grembo ha il suo secondo bambino, ma niente è più uguale alla sua prima volta, quando la pandemia era ancora lontana. «Ho quarant'anni, non sono più tanto giovane – spiega – e chiaramente nella mia situazione ho bisogno di essere seguita. E invece, tra ambulatori chiusi non si sa per quanto e continuo rischio di contagi, prendere un appuntamento per essere sottoposta a un controllo in ospedale per la gravidanza è sempre più difficile».
Giovanna non è l'unica ad aver esposto le sue difficoltà in questo momento, in cui gli ospedali si stanno riorganizzando per l'aumento esponenziale dei positivi e le ultime decisioni dei vertici del Santa Maria della misericordia, soprattutto sullo stop alle attività «procrastinabili», lasciano dubbi. «Il parto – ricorda Giovanna – non si può programmare: in nove mesi, si sa, sono tanti e diversi i controlli che devono e dovrebbero essere fatti. Ma in questa situazione di estrema precarietà non si capisce più nulla. A una mia amica hanno già rinviato i tracciati ed è quasi a termine, come si fa a stare tranquille? E se da una parte a noi future mamme viene limitata la possibilità di fare controlli in ospedale, invitandoci in qualche modo a scegliere i privati, dall'altra è chiaro che in questo momento in ospedale meno ci si va e meglio è. Parlano di percorsi dedicati, ma se io stessa fossi positiva al momento del parto come si gestirebbe il mio caso?». «Sono tutte domande – insiste Giovanna – per cui non sembra esserci una risposta univoca, almeno adesso. Se non mi sento tutelata? In realtà adesso penso che anche gli altri pazienti siano meno tutelati.
Nostro, come dice Giovanna, perché sono diverse le segnalazioni arrivate in questi giorni, da quando appunto le attività ambulatoriali come le visite intramoenia sono state sospese. «Ho 41 anni, primipara attempata come dicono le ostetriche, e ho chiamato per prendere appuntamento per la mia prima visita – racconta Giulia al Messaggero -. Mi hanno chiesto se fossi già una paziente e alla mia risposta negativa l'operatrice ha detto che non poteva darmi appuntamento, limitato solo a chi è già seguita in ospedale. Preferivo un professionista ospedaliero, mi sentivo più sicura anche per la mia età a essere seguita in ospedale, ma invece alla fine lunedì stesso ho chiamato un medico privato. La mia speranza adesso? Che tutto vada per il meglio. E che per la fine della mia gravidanza tutto questo sia finito. Sarebbe una rinascita per tutti».