Un modo per rievocare alcune vicende del Novecento: «quelli che pomposamente si chiamano eventi, mentre quasi sempre si tratta di disgrazie» afferma Biagi. Il titolo potrebbe far pensare ad un programma ispirato dalla geografia ma non lo è, piuttosto dalla storia. «C’è una specie di atlante di questo Secolo con dei nomi che hanno coinvolto l’umanità da Sarajevo a Danzica, o se si vuol parlare di stragi dai centomila morti di Dresda ai desaparecidos sudamericani». Anche in «Giro del mondo» Biagi ha cercato storie e protagonisti per raccontare, come ha fatto sempre, da grande cronista qual era, le vicende di un popolo. Rivedere a distanza di diciotto anni il suo programma ci fa capire che nulla è cambiato e i problemi che le persone affrontavano allora sono gli stessi che si affrontano oggi.
Dopo aver realizzato “Giro del mondo” Enzo Biagi commentò: «Se dovessi tracciare un bilancio sentimentale, direi che ho capito che tutti gli uomini piangono nello stesso modo e che il sentimento che detesto di più - sono un buon conoscitore di Auschwitz e dintorni - è il razzismo. Che sta tornando di moda».
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