Morisi, due mete all'Inghilterra
per cancellare tutti “gli inizi sbagliati”

Morisi, due mete all'Inghilterra per cancellare tutti “gli inizi sbagliati”
di Christian Marchetti
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Lunedì 16 Febbraio 2015, 17:25 - Ultimo aggiornamento: 20:03
La sua squadra ha segnato tre mete a Twickenham, due portavano la sua firma. Uscito dal campo, Luca Morisi da bravo uomo di rugby butta lì questa frase: «Pur di vincere avrei rinunciato volentieri a quelle due segnature». Eppure il primato se lo tiene stretto, è un trofeo da appendere sul caminetto come dopo un safari.

Soprattutto, Luca Morisi si è tolto dalle spalle quella fastidiosa etichetta di “uomo degli inizi sbagliati”. Come quando fu costretto a rinunciare alla Coppa del Mondo Under 20 giocata in Veneto nel 2011 per un infortunio al “Pronti, via” della manifestazione. O come quando dovette salutare i test match 2013 al 9' di Italia-Fiji, dopo un placcaggio-monstre portato da Nemani Nadolo. L'ecografia d'urgenza effettuata in campo (nel rugby si usa anche quella) evidenziò una situazione complessa; fu necessaria l'asportazione della milza. Organo particolare per Luca, che ha quella che i medici chiamano “milza accessoria”. Un pezzetto in più, per intenderci. I postumi dell'intervento si fecero sentire, correva persino voce di un possibile ritiro.



Luca Morisi, invece, si mise in testa di stupire tutti. Tanta pazienza, lavoro duro, negli intervalli i libri e tra questi “La fattoria degli animali” e “1984” di George Orwell. Alle spalle il Grande Fratello dell'infortunio; davanti un futuro da offrire tutto al cantiere del c.t. Jacques Brunel in vista della Coppa del Mondo 2015. Lì potrebbe costituire una interessante coppia di centri con il compagno di squadra alla Benetton Treviso Michele Campagnaro, ko contro l'Irlanda.



Alla ripresa del Sei Nazioni, Luca sarà un uomo nuovo. Domenica prossima il ventiquattresimo compleanno da festeggiare in raduno, poi la Scozia da mettere nel mirino. Centro naturale per via di placcaggi che si fanno sentire e gambe rapide. Abnegazione e costanza, sin dai tempi dell'ASR Milano. È nato e cresciuto lì, niente calcio come invece il nonno materno arrivato a giocare in Serie A con l'Atalanta. Poi il transito per Parma, tra i martoriati Crociati, infine Treviso, dove ha saputo ritagliarsi spazio sempre maggiore. La consacrazione, per quel lottatore con il viso da pischello.



La trafila delle nazionali giovanili, l'Accademia del rugby di Tirrenia, l'esordio nella truppa Brunel nel 2012, rimpiazzando al 63' un certo Gonzalo Canale proprio contro l'Inghilterra. Leggenda vuole che il giorno prima Luca chiamò papà Riccardo e mamma Cecilia dicendo loro: «Se faccio una brutta figura non rimaneteci male». Mettiamola così: fu un timore infondato.



Sabato scorso, sul prato della Fortezza, Luca ha segnato due mete. La prima prendendo controtempo sulla spalla debole uno che di debole ha soltanto i lacci delle scarpe come Attwood, bucando la difesa ed evitando le “francesine” di Haskell e Watson. La seconda finalizzando una splendida manovra al largo e planando in bandiera. Peccato la responsabilità sulla segnatura di Joseph.

«Il segno distintivo dell'uomo è la mano, lo strumento col quale fa tutto ciò che è male». Luca ha letto anche questa frase da Orwell e conosce il significato dei gesti, di quello strumento chiamato mano. Twickenham è alle spalle, c'è una Scozia famelica da combattere.