La partenza della Transat Jacques Fabre, la transatlantica in doppio da Le Havre alla Martinica ai Caraibi sulla rotta che fu per secoli quella del caffè, è confermata.
Nonostante le previsioni parlino per il via in programma domenica dalle 13.05 , di vento sui 25 nodi con raffiche a 30, e onde sui 4/5 metri create dalla forte corrente e dai bassi fondali della Manica, che potrebbero diventare di 8 al passaggio di Capo Finisterre.
Nonostante una grossa depressione a ovest dell’Irlanda e un minaccioso fronte al largo del Portogallo, potrebbero investire pericolosamente i concorrenti tra lunedì e martedì.
Insomma condizioni parecchio impegnative che vengono monitorizzate dagli organizzatori che hanno deciso di non rimandare la partenza ma, per preservare sia barche che equipaggi, hanno introdotto per i 44 Class 40 in gara, i più piccoli, e quindi meno veloci, che sarebbero stati investiti in pieno dalla bufera, un cambio di percorso trasformando per loro la Jacques Vabre in una una Transat spezzata in due, con una prima tappa fino alla città bretone di Lorient, di fatto uno sprint di 24 ore, una sosta di 4/ 6 giorni a seconda del meteo, e una seconda tappa con destinazione Martinica.
Da un punto di vista organizzativo, e anche psicologico, un cambio impegnativo per gli skipper dei Class 40 i cui shore team devono organizzare al volo una trasferta dalla Normandia alla Bretagna e ripensare e riorganizzare le cose, a partire dalla cambuse.
L’appuntamento con il via nel mare di Le Havre domenica 28 ottobre è quindi confermato per le 95 barche per un totale di 190 skipper e co-skipper divisi in quattro Classi tra le quali gli Imoca 60 e i Class 40, le più popolate, rispettivamente con 40 e 44 iscritti.
La lotta si preannuncia dura ed è la prima volta che partecipa un gruppo così numeroso, compatto e di alto livello di navigatori oceanici italiani, ovvero Giancarlo Pedote, con l’Imoca Prysmian Group, alla quinta esperienza e poi in Class 40, Ambrogio Beccaria con Alla Grande Pirelli, Alberto Bona con IBSA, Andrea Fornaro con Intuition 2, Alberto Riva con Acrobatica. Tutti con un proprio scafo del quale hanno seguito il processo dalla ideazione e costruzione, alla messa a punto e navigazione. Oltre a loro Pietro Luciani, nel ruolo di co- skipper del navigatore francese William Matelin-Moreaux con Dékuple.
Gli italiani hanno attirato l’attenzione del mondo oceanico, di norma francofono.
I sei italiani venerdì – è la prima volta che succede- si sono presentati insieme a una conferenza stampa trasmessa in video streaming. Ne è emersa una bella immagine da bravi ragazzi “puliti”, normali, a fronte di un immaginario che un tempo se li sarebbe raffigurati con aria da irsuti lupi di mare consumati dal sole e dal salino e pure un po’canaglia. Invece no, tutti laureati, parlano linguaggi da filosofi (Pedote e Bona,) da ingegneri (Beccaria, Riva ), da dottori in Scienze Politiche (Fornaro) da architetti (Pietro Luciani, che è pure vicepresidente della francesissima Class 40 internazionale). Trasmettono preparazione, conoscenza tecnica, attendibilità, consapevolezza dei rischi e, naturalmente – lo tradisce il guizzo negli occhi - una grande, grandissima passione.
Una bella rappresentazione dell’Italia questo record tricolore di partecipazione alla Transat Jacques Vabre. Da sottolineare per l’importanza che riveste sia per l’ intero movimento italiano che sta sviluppando progetti di vela oceanica, che per un pubblico sempre più appassionato, e anche, dato di rilievo, per il cluster economico, composto da progettisti, cantieri e tecnologia made in Italy che si sta affermando pure in questa parte di un’industria nautica italiana che già in altri settori è leader mondiale. Il tutto mentre dietro l’angolo ci sono i grandi appuntamenti a buon tasso di italianità del 2024: dalle Olimpiadi nel mare di Marsiglia, alla Coppa America, al Vendée Globe, e la vela oceanica si presenta come un settore di sviluppo, di investimenti e di visibilità in crescita.