Addio a Sandro Mazzinghi, l'anti-Benvenuti che non indietreggiava mai

Addio a Sandro Mazzinghi, l'anti-Benvenuti che non indietreggiava mai
di Piero Mei
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Sabato 22 Agosto 2020, 15:58 - Ultimo aggiornamento: 16:10

Sandro Mazzinghi, morto oggi a 81 anni di età, è stato uno dei più grandi pugili italiani: il quarto dei nostri a diventare campione del mondo, dopo Primo Carnera, Salvatore D’Agata e Duilio Loi.

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E’ stato, negli Anni Sessanta, il nemico giurato sul ring (e anche fuori) di Nino Benvenuti che alla notizia della scomparsa ha detto “Era un guerriero”. La loro rivalità, che è il sale dello sport, e anche il pepe e quant’altre spezie si trovino al banco del droghiere, prese nel cuore degli sportivi, appassionati di boxe e non solo, il posto che era stato di Coppi e Bartali e che presto sarebbe stato di Mazzola e Rivera. Il pugilato, in quegli anni, era, con il calcio e il ciclismo, lo sport più popolare.

IL FIORETTO E LA CLAVA
I due, Benvenuti e Mazzinghi, non potevano essere più diversi, pur essendo vicinissimi di peso e dunque avversari di categoria. Nino era il fioretto e Sandro la scimitarra se non addirittura la clava. Uno di scherma, uno di lotta. I due ragazzi (entrambi classe 1938, Nino è di aprile, Sandro era di ottobre, Nino istriano, Sandro di Pontedera, provincia di Pisa) s’erano incrociati anche nel ritiro preolimpico per Roma ’60. Benvenuti era dirottato fra i welter, e vinse l’oro, Mazzinghi venne eliminato nel ritiro di Orvieto e per la categoria superiore, da Carmelo Bossi che poi prese l’argento.



IL GLADIATORE
Sandro Mazzinghi, che si chiamava Alessandro ma successivamente gli affibbiarono gli epiteti de “il gladiatore” o anche “il ciclone di Pontedera”, si era dato alla boxe seguendo i pugni di suo fratello maggiore Guido, che partecipò alle Olimpiadi di Helsinki 1952 e che divenne il suo allenatore e consigliere.

Mazzinghi divenne professionista dopo i Giochi del ’60, come del resto Benvenuti. Nella nuova veste disputò 69 incontri, 64 dei quali vinti, 42 per knock out, due no contest e tre sconfitte, due contro Benvenuti.

Divenne campione del mondo la prima volta nel dicembre del ’63 mettendo kappaò al Vigorelli di Milano, Dupas, e difese tre volte il titolo, combattendo anche a Sydney.

Era campione del mondo quando, nell’inverno del ’65, tornando fresco sposo da una festa a Montecatini, ebbe un incidente d’auto slittando contro un albero. Riportò la frattura della base cranica e altre ferite, la moglie Vera, cui Sandro aveva detto sì 12 giorni prima, morì.

La regola era che la difesa del titolo, pena la decadenza, doveva avvenire entro sei mesi. Mazzinghi chiese una deroga, ma non gli fu concessa. Dicono che né Nino, né il clan di Sandro che apparteneva da sempre (e per sempre) alla scuderia Ignis, quella del “cumenda” Borghi, che oltre a produrre elettrodomestici sosteneva campioni d’ogni sport, consentirono.

Così Mazzinghi, non al meglio delle sue possibilità, salì sul ring di San Siro, 22 milioni di lire per lui, 15 per Benvenuti, il 18 giugno 1965. Nino aveva studiato il colpo perfetto e lo mise a segno alla sesta ripresa: un montante destro alla sesta ripresa che mise Mazzinghi kappaò.

La rivincita si tenne a Roma, al Palazzo dello Sport, il 17 dicembre dello stesso anno, in un “parterre de rois”- Al secondo round Mazzinghi finisce al tappeto, viene contato fino all’8, lo salva il gong. Il match riprende: vincerà Nino ai punti, però Mazzinghi contesterà sempre il verdetto: andò al tappeto, sosteneva, perché scivolato non perché colpito. E dunque quei punti non gli andavano tolti.

DALL’EUROPA AL COREANO
Mazzinghi, da allora, si dedicò alla scena europea. Vincendo sempre. Tornò a combattere per la corona mondiale il 26 maggio 1968, ring a San Siro, cento milioni di incasso, quando c’era da affrontare il coreano Ki-Soo Kim che nel frattempo aveva tolto il titolo a Benvenuti.

Il match fu devastante ed autodistruttivo per entrambi: una lotta selvaggia che Sandro vinse ai punti con verdetto non unanime. Cercò di difendere la corona ritrovata a Roma, il 25 ottobre, contro Freddie Little. Non riuscì a difenderla per via d’un verdetto contestatissimo: questione di ferite, di match sospeso, di no contest, di interventi internazionali e nazionali che alla fine assegnarono il titolo a Little.

Mazzinghi si ritirò poco dopo dalla boxe per qualche anno, si risposò, tornò, vinse qualche incontro di contorno, abbandonò per limiti di età.

Ebbe digressioni nel mondo della canzone e dei libri.

Di sé diceva: «Io sono stato un pugile generoso, E andavo sempre all’attacco perché questo piaceva alla gente. La mia boxe non prevedeva risparmio di energie. Io non indietreggiavo mai». Tutto vero.

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