Il regista Livermore presenta l’opera di Verdi in scena al Costanzi dal 17
al 24: «Niente patriottismo svelo l’invisibile di Giovanna d’Arco»

Un momento delle prove di Giovanna d'Arco al Teatro dell'Opera con la regia di Livermore
di Simona Antonucci
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Mercoledì 13 Ottobre 2021, 18:02

«Non sfioro neanche il tema della patria infranta di Giovanna d’Arco. Riflessioni che in questi giorni rischierebbero di essere manipolate violentemente. Quello che ho cercato di fare in scena è rendere visibile l’invisibile. Le voci e le immagini, le indicazioni da un mondo diverso che la guidavano a compiere il suo lavoro sulla terra. Come, quando siamo in grado di ascoltare, succede anche a noi, oggi».

 

LA SCALA

Davide Livermore, torinese, 55 anni, regista che vanta il record di 4 inaugurazioni consecutive della Scala, torna al Teatro dell’Opera di Roma per un lavoro di Verdi che mancava al Costanzi da quasi cinquanta anni. «La meraviglia di questa partitura è che dà un suono alla mistica», spiega Livermore, nel presentare la sua regia, «non c’è molta azione, ma la musica è grandissima».

Il mondo medievale c’è «ma è stilizzato in una forma che ricorda i rosoni rovesciati, il labirinto di Chartreuse», e insieme con i cantanti, sul palco l’intero copro di ballo «dei supereroi, artisti che dedicano la vita allo studio».

Nino Machaidze

Debutto domenica e poi repliche fino al 24. Nel cast il soprano georgiano Nino Machaidze (Giovanna), il tenore Francesco Meli (Carlo VII), il baritono Roberto Frontali (Giacomo) e il basso Dmitry Beloselskiy (Talbot). Sul podio Daniele Gatti, direttore musicale fino a dicembre (al Maggio Fiorentino e poi a Santa Cecilia i suoi prossimi incarichi). Secondo titolo di preapertura prima dell’inaugurazione con Julius Caesar, nuova creatura del compositore Battistelli, ma primo evento, con la sala piena, e forse l’ultimo con il sovrintendente Carlo Fuortes, nominato in estate amministratore delegato della Rai, in carica fino alla designazione del successore.

IL NUOVO SOVRINTENDENTE

Un’elezione con una folta lista di candidati: a Fortunato Ortombina (Fenice di Venezia) e Rosanna Purchia (Regio di Torino), già nel totonomi da un po’, si aggiungono ora Anna Maria Meo (direttrice generale del Teatro Regio di Parma e del Festival Verdi) e Francesco Giambrone (sovrintendente del Teatro Massimo di Palermo e presidente dell’Anfols).

Giovanna d’Arco, invece di Aida, un cambiamento in corsa con due donne impegnative.

«Un problema che si è trasformato in un’occasione. L’Aida la faremo nella stagione 2022/23, ora mi dedico a questa figura femminile con un grande conflitto e una scissione tra anima e corpo. Verdi era preso dagli aspetti patriottici della storia. Io affronto il misticismo, quella spinta che arriva da altrove e che ti conduce a svolgere un compito».

Ma lei è credente?

«Sono buddista, pratico, è il mio modo per cercare di diventare migliore».

Oltre alla regia, firma anche le coreografie: come saranno?

«Per raccontare l’invisibile, il mondo di Giovanna, servono dei gesti inconsueti, proprio quelli della danza. Ho utilizzato una sorta di nuova grammatica dei movimenti che racconti una fisicità che non è dei vivi».

Dopo Roma, comincia subito le prove per l’inaugurazione della Scala? Ha annunciato un Macbeth televisivo?

«Io ho sempre firmato regie che potessero dialogare con la tv e infatti sia Attila, sia Tosca, sia A riveder le stelle del 7 dicembre scorso, hanno avuto record di ascolti, con share anche del 16 per cento. In Macbeth ci sarà inoltre un rapporto forte con la realtà aumentata».

E poi un film?

«Sì, lo sogno da tanto e finalmente ci siamo. Il set a giugno. Si chiamerà The Opera, produzione di RaiCinema. Non sarà un film-opera, ma un film sull’opera, un gioco sul mito di Orfeo che ha alimentato tutto il mondo dell’opera. Il mio modo per ribadire quanta realtà c’è oggi nella finzione».

Teatro dell’Opera, piazza Gigli. Il 17 ottobre, ore 19; il 19 ore 20, il 22 ore 20 e il 24 ore 16.30. Anteprima Giovani, il 15 ore 19. 

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