Palatino, svelati i graffiti del partigiano in fuga durante la II guerra mondiale

Palatino, svelati i graffiti del partigiano in fuga durante la II guerra mondiale
di Laura Larcan
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Lunedì 23 Giugno 2014, 07:37 - Ultimo aggiornamento: 26 Giugno, 16:01

1944 anno di paura e terrore speriamo che finisca presto Salvatorelli Mariano. La grafia non regolare ma appare perfettamente leggibile.

C’è una cura quasi poetica nel tracciare il pensiero sul muro, con le iniziali maiuscole (quasi eleganti) per le parole “paura” e “terrore”. E la traccia della matita, poi, riquadra la frase dentro una cornice. Sono le memorie graffite di Mariano in quei primi mesi del 1944, sullo sfondo di una Roma città aperta che semina la morte. Mariano è nascosto, solo, spaventato. Forse un partigiano, qualcuno in fuga dai tedeschi, all’ombra di una Roma che ancora non è stata liberata dagli alleati. Ma a restituire oggi la storia di Mariano Salvatorelli è il Palatino. Perché la testimonianza di quest’uomo è stata rinvenuta pochi giorni fa dall’équipe della Soprintendenza ai beni archeologici durante l’intervento di bonifica in un nuovo settore della Domus Tiberiana.

La vertiginosa residenza imperiale che si sviluppa dal Foro romano lungo le pendici orientali del Palatino in un complesso sistema di strutture, strade antiche coperte da volte titaniche, e ambienti giganteschi che scalano l’intera parete del colle. Il cantiere dei lavori, guidato dall’architetto Maria Grazia Filetici, stava perlustrando proprio la porzione più elevata, il cosiddetto “ponte di Caligola” su cui poggia la portentosa terrazza della Domus Tiberiana.

IL NASCONDIGLIO

Qui si apre una sequenza di ambienti ricavati nelle viscere del Palatino, che risalgono al progetto originario dell’imperatore Domiziano. Ed è in uno di questi vani che gli archeologi hanno trovato il graffito di Mariano. «È stata una sorpresa - racconta la Filetici - Avevamo già rinvenuto scritte e firme, alcune risalenti all’800, ma questa è la più significativa. Lo immaginiamo spaventato, completamente solo. È una testimonianza che ci emoziona», riflette la Filetici. «Deve essersi nascosto qui prima del giugno del ’44, prima della liberazione - osserva l’archeologo Alessandro D’Agostino - Il Palatino in quei mesi era una zona aperta, boscosa, senza cancelli, e qui ha cercato scampo». E ci si commuove ad immaginare la scena, l’uomo rannicchiato a terra, mentre incide le sue paure, avvolto dalla penombra di arcate ciclopiche che svelano straordinari stucchi e affreschi policromi con scene figurate, a pochi centimetri da quell’unico frammento di balaustra marmorea conservata sul Palatino risalente al I secolo d.C. sfiorata da chissà quanti imperatori. Un luogo suggestivo, la Domus Tiberiana, dove fervono i lavori, anche perché è al centro ora del cantiere didattico della scuola di specializzazione in restauro architettonico della Sapienza (diretta da Daniela Esposito), in sinergia con l’Istituto superiore per il restauro, dove si stanno applicando 22 studenti sotto il coordinamento di Annamaria Pandolfi e Pina Fazio. Èd è all’insegna dell’eccellenza della scuola italiana che si sta studiando per la prima volta anche una porzione ancora sconosciuta della Domus Tiberiana: «L’ipotesi - come racconta l’architetto Paola Falla - è che si tratti di un balneum, una terma privata utilizzata tra il IV e V secolo da chi ancora abitava su questa parte di Palatino».

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