Un tour tra i segreti delle tele dipinte in tarda età, tra storia sacra e profana e autoritratti. Opere, queste ultime, che negli anni più maturi della vita di Rembrandt, svelano i segni di un passato turbolento e ritraggonono l’artista in abiti da lavoro, col berretto, la tavolozza e i pennelli. L’immagine che si ha davanti è quella di un pittore che ha assunto ormai lo sguardo consapevole, che mette in mostra i lineamenti appesantiti dall'età, ma che, al tempo stesso, ha saputo mantenere quegli “occhi entusiasti e fermi, capaci - come scrive lo storico dell’arte Ernst H. Gombrich - di guardare fin dentro all’animo umano”. Ormai lontani gli anni della vita a Leida, cittadina dei Paesi Bassi che diede i natali all’artista e dove lui stesso poté compiere i primi passi nella pittura, invecchiando, Rembrandt produsse alcune tra le sue più splendide tele, proprio quelle che lo spettatore potrà vedere seduto comodamente al cinema.
Il film di Phil Grabsky, con la voce narrante del pluripremiato attore Robert Lindsay, propone interviste con la curatrice della mostra Betsy Wieseman e con Jonathan Bikker, responsabile della ricerca presso il ‘Rijksmuseum’, in un mix di storia di vita dell’artista e di dietro le quinte delle due esposizioni. Un’esplorazione tra autoritratti ed opere come ‘La Lapidazione di Santo Stefano’ (1625); ‘La Ronda di Notte’ (1642), il lavoro che, forse, ha reso Rembrandt famoso in tutto il mondo, capace di lasciare il visitatore senza fiato, per la sua potenza e per le sue dimensioni, quasi 4 metri per cinque. E ancora, ‘Isacco e Rebecca’, l’opera nota come ‘La sposa ebrea’ (1666), che più si è prestata alle libere interpretazioni, ma che senza dubbio, attraverso una scena pacata e statica, vuole rappresentare la forza dell’intimità di un’unione, quella tra un padre e una figlia, nella continuità del dare e del ricevere, che si esprime nel semplice gesto di un delicato abbraccio.