Qual è il segreto per piacere al pubblico del mondo intero?
“L’originalità e la varietà dei temi: i nostri film parlano d’amore ma anche di razzismo, di handicap e hanno una certa impertinenza”.
Quest’anno avete incontrato degli ostacoli particolari?
“La pirateria, il vero nemico del cinema. Per sconfiggerlo e far tornare gli spettatori nelle sale dobbiamo studiare strategie comuni con gli altri Paesi europei”.
E in Italia com’è andata?
“Molto bene, siamo contentissimi che nel vostro Paese esistano sia un pubblico sia dei distributori affezionati al cinema francese. Consideriamo più che mai importante il mercato italiano e ci aspettiamo il successo dei prossimi nostri film che usciranno da voi, come La famiglia Bélier”.
Promuoverete delle iniziative in Italia?
“Ad aprile organizzeremo a Roma il consueto Rendez-vous, la vetrina dei nuovi film francesi, e avremo Fanny Ardant come madrina. E organizzeremo un incontro europeo che avrà come tema le coproduzioni”.
Il cinema francese ha messo un tetto ai compensi delle star: che ne pensa?
“Il tetto si applica solo nel caso in cui il produttore chieda il contributo dello Stato. Lo trovo giusto. E non è detto che tutti i film debbano avere il finanziamento pubblico”.
Che ruolo ha il cinema italiano in Francia?
“E’ molto amato, purtroppo viene ancora distribuito in poche sale”.
Qual è il territorio nel quale vi impegnerete prossimamente?
“L’Africa, con i suoi numerosi Paesi francofoni, è la nostra prossima sfida. Nel 2016 cominceremo con l’organizzare un festival Unifrance a Marrakech e in altre otto città del Marocco”.
La vostra più grande difficoltà?
“Convincere le star ad accompagnare i film francesi all’estero. Finché si tratta di New York, corrono tutte. Ma convincerle a fare promozione nelle città europee è sempre un grande sforzo”.
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