Tra realtà e fiction in finale all'Oscar
il film della tunisina Kaouther Ben Hania

Per la regista è la seconda nomination, questa volta tra i documentari

Kauther Ben Hania
di Gloria Satta
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Sabato 9 Marzo 2024, 12:15
Che sia la volta buona? Nel 2021 con ”L’uomo che vendette la sua pelle”, protagonista Monica Bellucci in versione bionda, ebbe la nomination all’Oscar nella categoria miglior film internazionale. Quest’anno la regista tunisina Kaouther Ben Hania, prima donna araba ad arrivare due volte in finale agli Academy, è nuovamente in cinquina con il potente Four Daughters («quattro figlie», titolo originale ”Les filles d’Olfa”) in corsa tra i documentari. E domenica sera ha ottime probabilità di vincere la statuetta dopo aver ricevuto tre premi a Cannes, lo Spirit Award, il Gotham e numerosi altri trofei in giro per il mondo: non solo il film (titolo di punta del recente Rendez-vous Unifrance) si basa su una potentissima storia tutta femminile, ma la regista ha scelto di raccontarla secondo una suggestiva formula ibrida a cavallo tra documentario e fiction, mettendo a tu per tu le protagoniste reali con le attrici che le interpretano (la star tunisina Hend Sabri, Nour Karoui, Ichraq Matar, Majd Mastoura).
IL FATTO. «Ho preso in prestito uno sconvolgente episodio di cronaca per raccontare una vicenda di donne relativa al mio Paese e incentrata sul rapporto madre-figlia che considero molto importante», spiega Kaouther, 53 anni, laureata alla Nuovelle Sorbonne, sempre più apprezzata a livello internazionale. La storia vera a cui si riferisce è quella della tunisina Olfa, donna delle pulizie e madre di quattro figlie adolescenti divise tra scuola, doscoteca, primi amori come tutte le ragazze. Ma due di loro, le maggiori, un bel giorno si sono radicalizzate e sono fuggite in Libia per unirsi all’Isis. Arrestate, sono finite in carcere dove stanno ancora scontando la pena.
IL PROGETTO. «La vicenda di Olfa aveva destato molto clamore in Tunisia», racconta la regista, «tv e stampa ne hanno molto parlato ma io ho sentito il bisogno di andare più a fondo, cercando le risposte che i media non riuscivano a fornire. Insomma, ho cercato di superare i pregiudizi e gli sterotipi indagando il rapporto profondo che esiste tra madre e figlie, società e ribellione, adolescenza e crescita, sorellanza». All’inizio, rivela, aveva pensato di realizzare un documentario convenzionale mettendo in primo piano Olfa e le due figlie rimaste con lei. Poi l’idea di mischiare i personaggi reali con le interpreti «è nata dalla tensione emotiva: ripercorrendo i momenti più duri la loro storia, Olfa e le sue due figlie hanno sentito la necessità di fare un passo indietro, la tensione era troppo forte per loro, lasciando la scena e le parole alle attrici. Il film ha permesso a Olfa e alle sue ragazze di elaborare le loro esperienze, è stato una specie di psicoterapia davanti alla cinepresa».
LE REAZIONI. Da quasi un anno Kaouther accompagna Four Daughters nel mondo riscontrando «reazioni diverse in ogni Paese, ma dovunque avverto un’attenzione molto forte, è come se la storia creasse una connessione universale». La regista, che da ragazzina voleva diventare scrittrice «perché amo raccontare le storie», guida la carica del nuovo cinema deciso «a dare sempre più spazio a vicende e personaggi femminili complessi: l’aria è finalmente cambiata, le donne dei film non sono più mogli, amanti, oggetti del desiderio al servizio del maschio bianco». Dice che nel suo Paese non esiste un’industria cinematografica, «ci sono solo dei bravi registi». Lei, una di questi, girerà un nuovo film in Tunisia: «Ma questa volta sarà una storia di fiction».
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