Pertini, il presidente che divenne icona pop

Pertini, il presidente che divenne icona pop
di Ilaria Ravarino
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Mercoledì 7 Marzo 2018, 21:42 - Ultimo aggiornamento: 10 Marzo, 11:51

Pertini icona pop nelle vignette di Andrea Pazienza. Pertini Babbo Rock cantato dagli Skiantos. Pertini con i fan club all'estero, Pertini Don Chisciotte, Pertini come un personaggio di Bastardi Senza Gloria di Quentin Tarantino, che nel 1943 trama per far saltare in aria il Teatro Adriano con tutti i gerarchi fascisti dentro.

È un fumettone colorato e pieno d'amore per una figura politica «irripetibile e senza eredi», il documentario Pertini - Il Combattente di Graziano Diana e Giancarlo De Cataldo, in sala il 15 marzo, che a pochi giorni dalle elezioni presenta una delle figure politiche più amate dagli italiani, Sandro Pertini. «Ma è solo un caso, non avevamo previsto di uscire dopo il voto - dicono ora gli autori - inizialmente il film doveva arrivare in sala in ottobre».

REPERTORIO
Per caso o no, il documentario, tratto dal libro di De Cataldo Il Combattente - Come si diventa Pertini, ha molto da dire all'Italia del dopo elezioni, nel suo voler raccontare un politico capace di resistere a crisi, terrorismo, terremoti, attentati, scandali e corruzione e che «nel buio di una cella, con l'Europa governata dai nazisti e il pericolo della guerra alle porte, non ha mai perso la fede - racconta De Cataldo - anzi, si è rimboccato le maniche e ha lavorato perché la dittatura finisse. Questo è il suo più grande insegnamento».

Costruito attraverso immagini di repertorio, inserti animati (le vignette di Andrea Pazienza e le animazioni del sardo Manuelle Mureddu), trasmissioni d'epoca e telegiornali, il documentario conta anche su numerose interviste a giornalisti e interpreti della stagione politica che vide Pertini per due volte a capo della Camera e poi, dal 1978 al 1985, presidente della Repubblica. Secondo socialista dopo Giuseppe Saragat a ricoprire la carica, «quando fu eletto presidente era un anziano politico in pensione. La classe dirigente di allora era sconvolta dal terrorismo, dalla morte di Aldo Moro, dalle dimissioni di Giovanni Leone, dagli scandali, e fu costretta a ricorrere a lui, a un vecchio partigiano dall'indiscussa autorità morale. Pertini si mise in gioco per salvare la politica in un momento in cui la politica stessa era invisa alla nazione». Ogni riferimento a Giorgio Napolitano, «ultimo esponente di quella generazione», non è casuale. E proprio l'ex presidente della Repubblica figura infatti tra gli intervistati da Diana e De Cataldo, insieme a Gad Lerner, Emma Bonino, Paolo Mieli, Marcello Sorgi e Eugenio Scalfari, che rivela nel corso del film i colloqui avuti con Pertini e la sua partecipazione telefonica alle riunioni di redazione.

PUREZZA
«Ci piace raccontare Pertini come un esempio di integrità e purezza, che ci rassicuri nella nostra identità di italiani. Bisogna essere ottimisti, sapere che possiamo essere anche come lui», spiega Diana. E De Cataldo ricorda che in fondo, quella stagione politica, non è poi cosi lontana. «Concetti come la rottamazione non sono nati adesso, in tanti ritenevano Pertini troppo anziano per fare il presidente. E lui reagiva stizzito». Con quel carattere che lo portava da una parte a respingere con veemenza l'idea della politica come accumulo di potere («La politica - disse - è un cammino, non una carriera»), dall'altra ad aprire pericolosamente la strada a un certo populismo. «Per la generazione di Pertini la questione morale era importante, ma nessuno di loro l'avrebbe mai ridotta al conteggio di qualche scontrino. Il populismo di Pertini non era una sparata per avere consenso nei sondaggi, era sempre un richiamo alla buona politica. Pertini non è mai stato antipolitico».

 

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