Mikkelsen in corsa verso l'Oscar
"Il mio brindisi alla gioia di vivere"

Mads Mikkelsen nel film "Un altro giro"
di Gloria Satta
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Giovedì 25 Febbraio 2021, 14:00

C’è un frontrunner, un super-favorito agli Oscar che verranno consegnati il 25 aprile: è ”Un altro giro” (”Druk”), il film diretto dal danese Thomas Vinterberg e considerato da tutti i pronostici il vincitore della categoria ”International” mentre il 15 marzo il travolgente protagonista Mads Mikkelsen può avere la nomination come miglior attore. Selezionato da Cannes 2020 e lanciato in Italia alla Festa di Roma, in finale ai Golden Globe di domenica prossima,

”Un altro giro” (uscirà da noi con Movies Inspired, distribuzione votata al cinema di qualità) racconta il singolare esperimento messo in atto da alcuni professori di un liceo danese di fronte agli studenti: convinti, secondo la controversa teoria del filosofo norvegese Finn Sk†rderud, che siamo nati con una piccola quantità di alcol nel sangue, decidono di mantenere una leggera ubriachezza costante per diminuire la percezione dei problemi e aumentare la creatività. Ma se per qualcuno la vita migliora con l’ebbrezza, qualcun altro finirà per uscire dai binari...
Mads, 55 anni e una splendida carriera sempre a cavallo tra cinema europeo (”Dopo il matrimonio”, ”La caccia”) e blockbuster hollywoodiani (ha girato ”007 Casino Royale” nel ruolo del cattivo, ”Rogue One: A Star Wars Story”) in ”Un altro giro” è Martin, prof demotivato e cinquentenne frustrato ma pronto a ritrovare la gioia di vivere nell’alcol. In attesa delle nomination, il grande attore danese, disponibile e simpatico, antidivo per definizione, ha parlato con ”Il Messaggero” da Londra dove sta girando ”Animali fantastici e come trovarli 3” al posto di Johnny Depp, che era stato licenziato in seguito alle accuse di violenze scagliate contro di lui dall’ex moglie Amber Heard.
Si aspettava che ”Un altro giro”, premiato a vari festival e gran successo in Danimarca, suscitasse tanti consensi?
«Sì e no. Sono stato felicissimo di girarlo perché lo consideravo un ottimo film, ma nello stesso tempo ero nervoso perché temevo che arrivasse nel momento sbagliato, risultando addirittura provocatorio: in piena pandemia, vediamo i protagonisti che si abbracciano, stanno insieme...Invece la gente è stata contenta di ritrovare sullo schermo la vita di prima».
Come definirebbe il suo personaggio?
«Martin è un uomo rimasto sulla banchina dove il treno lo ha lasciato. Non è felice del proprio passato, non vede il futuro e non sa stare nel presente. Ha perso l’interesse per la vita ma grazie all’alcol sembra ritrovarlo».
Le somiglia in qualche aspetto?
«Non direi. Io sono l’opposto: non ho perso la curiosità per la vita e mi sveglio felice di vedere il sole dalla finestra».
Lei beve?
«Dipende dalle circostanze, a volte nelle occasioni sociali un bicchiere può aiutare a ravvivare la conversazione. Ma bisogna sempre mantenere il giusto equilibrio».
Non teme che il film possa essere scambiato per una difesa dell’alcolismo, piaga sociale specialmente nei Paesi nordici?
«No! Il film parla dell’incontrollabilità dell’alcol, una realtà che del resto fa parte della nostra vita da 600-700 anni. Assunto senza eccessi può rallegrare le serate, le riunioni familiari e favorire certi passi. Quante persone avrebbero trovato il marito o la moglie senza tirarsi sù con un bicchiere?».
Che atmosfera c’era sul set?
«Eravamo felicissimi ma durante le riprese è morta in un incidente la figlia 19enne di Vinterbeg. Avrebbe dovuto fare mia figlia...E’ stato straziante, si è spezzato il cuore a tutti. Abbiamo finito il film proprio per lei».
Sempre pronto a dividersi tra cinema europeo e Hollywood?
«Voglio fare tutto quello che mi piace e ho il privilegio di poter scegliere. Ma continuo a vivere a Copenhagen, Los Angeles non sarebbe adatta a me».
Ha parlato con Johnny Depp prima di prendere il suo posto?
«No, lo conosco poco e non ho il suo numero di telefono. Ci siamo incontrati una sola volta anni fa e fu una serata molto piacevole. Lo considero un attore fantastico e spero che un giorno potremo sederci a parlare di quello che è successo».
Tra i suoi tanti ruoli, ce n’è uno che le è rimasto nel cuore?
«Proprio Martin in "Un altro giro", il film che amo di più. Lo considero quasi italiano...».
Che intende?
«Anche i vostri film più drammatici o duri hanno il potere di colpirti al cuore e farti lasciare la sala con un grande amore nei confronti della vita. Adoro "Ladri di biciclette"».
Che ricordo ha della Festa di Roma dove, a ottobre scorso, ha accompagnato ”Un altro giro”?
«Sono rimasto favorevolmente colpito dal fatto che la Festa sia stata organizzata in pieno lockdown con le mascherine, il distanziamento e ogni precauzione possibile. E’ stato un atto di coraggio e la dimostrazione che, quando si vuole, si può fare tutto. E che, nonostante il covid, la vita va avanti».
Perché è diventato attore?
«E’ stato un caso. Da ragazzo facevo il ginnasta, poi ho studiato danza per 10 anni in Svezia, quindi è arrivata la recitazione. E ora sono felice della mia carriera».
Qual è, secondo lei, il suo più grande successo?
«Non ce n’è uno solo. Tutto quello che ho fatto ha rappresentato un gradino per andare più avanti».
In cosa si considera bravo?
«So capire le storie e ascoltare i registi per dar vita ai loro sogni».
Cosa fa quando non lavora?
«Amo lo sport, guardo le partite di clacio e le gare di ciclismo».
Lo streaming, secondo lei, soppianterà definitivamente le sale?
«No, resto ottimista. Finita la pandemia, la gente avrà voglia di uscire nuovamente e di ritrovarsi insieme».
Un suo sogno?
«Tornare in Danimarca per rivedere la mia famiglia. Veder sparire il coronavirus e vivere in un mondo finalmente liberato dalla paura».
Vincerete l’Oscar?
«Abbiamo una grande opportunità, le nostre chance sono buone. Siamo nella shortlist con altri film bellissimi e vincere non dipende da noi, ma dai giurati dell’Academy che sono stati già molto generosi. Intanto siamo orgogliosi di essere arrivati tanto lontano».
 

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