Anita Ekberg, le fotografie di Barillari: «Un incanto, ma quante volte m'ha mandato a quel paese»

Anita Ekberg, le fotografie di Barillari: «Un incanto, ma quante volte m'ha mandato a quel paese»
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Lunedì 12 Gennaio 2015, 06:03 - Ultimo aggiornamento: 10:58
Il seno. Quel seno che, chi l'aveva visto mai in una donna sottile, alta un metro e 70? No, perché in quegli anni lì, le italiane non arrivavano al metro e 60 e digiunavano per essere come la Hepburn, piallate.

Invece Anita Ekberg era 'na stangona. Bellissima. La prima volta che la fotografo lei è in via Condotti, portava un abitino bianco, come i guanti, quella massa bionda di capelli sulle spalle, 'no spettacolo. “Me lo fai un sorriso?” chiedo. Lei schiude le labbra in un bacio. La mia Leika scatta.

Noi fotografi, ribattezzati paparazzi proprio dalla Dolce Vita non facciamo altro che starle alle calcagna. Lei ci sa fare, lo sa che la pubblicità è l'anima del commercio. Non le conto più le sere in Via Veneto, a seguirla nel giro della notte. Con il marito, con l'accompagnatore di turno, attori, come Gabriele Ferzetti, il playboy del momento. Lei che cammina e muove le mani come la Hayworth, noi lì, senza fiato. L'Harry's Bar, il Café de Paris, Oliviero, Il club '84. Quando lei entra o esce nel buio c'è il sole: sono i nostri flash.

Foto dopo foto, parola dopo parola, vaffa dopo vaffa quando la becco che ha bevuto un drink di troppo, nel '63 oramai ci conosciamo. Così le propongo un servizio a Fontana di Trevi. Lei mi fa “oh, Rino! Belisssimo”.Ma subito dopo mi chiede una cifra esagerata. No, soldi nisba. Imbronciata lei ripete: “oh, Rino!”.

'Na sera la becco all' uscita di una festa a casa di Guido Giambartolomei un produttore cinematografico allora in voga. La fotografo mentre sale sulla Lancia di un bell'uomo e lei mi grida: no, Rino, no, ti prego! Ma io scatto. Lei mi manda a quel paese con una bella manciata di parolacce, in svedese però. Il giorno dopo ripenso alla sua furia. Quelle foto le tengo per me...

Rino Barillari