Elton John contro Dolce&Gabbana sui figli delle coppie gay: la mappa dei diritti civili in Europa

Elton John contro Dolce&Gabbana sui figli delle coppie gay: la mappa dei diritti civili in Europa
di Antonio Bonanata
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Lunedì 16 Marzo 2015, 17:59 - Ultimo aggiornamento: 18 Marzo, 12:21
Il polverone si è sollevato per tutto il weekend: dopo un duro messaggio pubblicato su Instagram, Elton John risponde a brutto muso (lanciando un boicottaggio) a Domenico Dolce e Stefano Gabbana, dopo l’intervista a Panorama in cui i due stilisti avevano definito “figli della chimica, che non hanno mamma e papà” i bambini delle coppie omosessuali, nati dalla fecondazione in vitro.



Una polemica rimbalzata sui social network, dove molti utenti comuni – ma anche diverse star dello spettacolo e della musica – si sono uniti alle proteste del cantautore inglese, accogliendo la sua proposta di non comprare più vestiti con il marchio Dolce&Gabbana.



«Come vi permettete di dire che i miei meravigliosi figli sono 'sintetici'» ha tuonato l’autore di “Candle in the wind”, chiedendo agli stilisti siciliani di vergognarsi per le loro parole offensive e aggiungendo: «Il vostro pensiero arcaico è fuori tempo: proprio come le vostre creazioni di moda».



La querelle ci dà modo di fare il punto della situazione sul percorso che l’Europa sta intraprendendo nel riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali, dal matrimonio alle unioni civili, fino alla possibilità di adottare bambini. Sono 11 gli stati europei a prevederla, primo fra tutti i Paesi Bassi con una riforma entrata in vigore nel 2001, la stessa che ha aperto le porte al matrimonio tra persone dello stesso sesso; seguiti da Regno Unito (2002), Spagna (2005), Belgio (2006), Islanda (2010), Francia (2013) e Austria, lo scorso gennaio. Vi sono poi paesi, come la Germania e la Slovenia, dove è possibile adottare legalmente il figlio naturale che il partner ha avuto da un precedente matrimonio.



Sono 14, invece, le nazioni del Vecchio Continente che hanno approvato il matrimonio gay, ultima la Slovenia due settimane fa. Anche in questo caso, a fare da apripista l’Olanda, nel 2001, poi imitata da Belgio (2003), Spagna (2005), Norvegia (2008), Svezia (2009), Portogallo e Islanda (2010), Danimarca (2012), Francia (2013), Regno Unito (2014) e Lussemburgo (2015). La Finlandia ha approvato la legge, che però entrerà in vigore nel 2017. Malta, invece, pur non consentendo di celebrare matrimoni, riconosce quelli contratti all’estero.



Considerando anche gli stati in cui sono previste almeno le unioni civili, si arriva a 17 paesi.

Un cammino, insomma, che sembra inarrestabile, visto il ritmo con cui, anno dopo anno, questa legislazione viene estesa. Vi sono nazioni, però, dove la costituzione vieta esplicitamente il matrimonio tra persone dello stesso sesso, in quanto “unione tra un uomo e una donna”: sono quelle dell’Europa orientale, tra cui Polonia, Bulgaria, Serbia, Slovacchia, Montenegro. Si rivolge soprattutto a questi stati il rapporto approvato la scorsa settimana dal Parlamento europeo, in cui si definisce il matrimonio omosessuale “un diritto umano” e si invitano i paesi che finora non si sono espressi a seguire l’esempio dei pionieri.



E l’Italia? Fanalino di coda in tema di diritti civili, non abbiamo ancora provveduto a regolare dal punto di vista legislativo una situazione esistente di fatto, che la società certifica e accetta ormai da molto tempo.



La Corte costituzionale, nel frattempo, con una sentenza dello scorso anno, ha dichiarato incostituzionale il divieto alla fecondazione eterologa, previsto dalla legge 40 del 2004. Ma il Parlamento non si è ancora pronunciato con una legge organica in tal senso.