Tito Stagno: «Torniamo allo spirito kennediano della Nuova Frontiera»

Tito Stagno: «Torniamo allo spirito kennediano della Nuova Frontiera»
di Gabriele Santoro
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Domenica 14 Luglio 2019, 11:03 - Ultimo aggiornamento: 1 Febbraio, 08:01

Nel cinquantesimo anniversario dell'allunaggio, l'uomo si prepara a tornare sulla Luna e, qualora si confermassero le previsioni della Nasa, lo farà tra cinque anni insieme alla prima donna astronauta, atterrando sulla superficie del Polo Sud lunare. «Oggi l'India lancerà la missione Chandrayaan 2, tentando il primo allunaggio controllato il sei settembre. La luna è ormai alla portata di quasi tutti, a differenza di Marte, ed è giusto tornarci prima di quanto prevedessimo: è una risorsa da esplorare sempre più a fondo», dice Tito Stagno, il giornalista Rai che in diretta televisiva raccontò a trenta milioni d'italiani l'approdo lunare.
Che cosa le è rimasto della diretta nello Studio 3 Rai di Via Teulada?
«La fatica e il sudore anche se non è stata la cosa più difficile della mia carriera. Fu molto più complesso, quando mi chiesero all'ultimo momento la telecronaca dei funerali di Konrad Adenauer. La confusione tra due verbi, toccare e atterrare, creò l'incidente tra me e Ruggero Orlando, e perdemmo l'annuncio di Armstrong: Houston, qui base Tranquillità, l'Aquila è atterrata. Finì che in studio applaudimmo due volte lo sbarco sulla Luna».
Quali furono gli elementi chiave della sua telecronaca?
«Il piano di volo andò come contenuto e descritto nei dettagli in un librone che la Nasa ci consegnò in anticipo. Nei quindici minuti drammatici di assenza delle immagini televisive, nel momento clou della missione, quel libro mi permise di continuare a raccontare. Poi il coraggio di rischiare, che un telecronista deve avere».
Avvicinandosi al 20 luglio del 1969, quando ebbe la sensazione che ormai l'impresa fosse fatta?
«Il volo più bello della serie fu l'Apollo 8 con il comandante Frank Borman. Nel dicembre del 1968 i telespettatori per la prima volta hanno visto scorrere davanti ai propri occhi, come la vedevano gli astronauti, la superficie lunare ancora vergine».
Il 1969, carico di tensioni sociali, non fu un anno semplice per l'Italia e culminò con la strage di Piazza Fontana. Come reagì il paese all'allunaggio?
«Fu un evento che seppe unire, come nelle parole di Neil Armstrong: Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande balzo per l'umanità. Parole che dovrebbero riecheggiare oggi, a trent'anni dalla caduta di Muro di Berlino, in cui l'Europa e il mondo sembrano tornare a uno scenario da Guerra Fredda. Le persone continuano a fermarmi e a volermi raccontare che cosa li lega a livello personale all'allunaggio. Abbiamo perso un po' lo spirito di quell'impresa».
Lei trascorse un mese negli Stati Uniti in preparazione delle circa trenta ore di racconto televisivo in Italia. Che cosa ricorda?
«Lo spirito di avventura, la voglia di conoscenza, ricerca con il coraggio di lavorare insieme per un'impresa ad alto rischio. Lo spirito della Nuova Frontiera kennediana ha portato l'uomo sulla luna».
Il 9 gennaio del 1969 la Nasa annunciò per la missione i due astronauti Neil Armstrong e Buzz Aldrin. Che cosa la colpì di Armstrong?
«Si dimostrò anche un grande geologo sulla luna, raccogliendo in venti minuti oltre 500 esemplari di roccia e suolo fondamentali per lo studio successivo. Il materiale restituito da Armstrong conteneva anche idrogeno, elio, azoto e carbonio. Ci ha detto che esisteva la disponibilità di una quantità incredibile di risorse per l'uso nello spazio e possibilmente anche sulla terra».
 

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