Varianti, così il Covid muta e diventa più pericoloso. E perchè il vaccino potrebbe non essere efficace

Varianti, così il Covid muta e diventa più pericoloso. E perchè il vaccino potrebbe non essere efficace
di Riccardo De Palo
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Domenica 7 Febbraio 2021, 08:05 - Ultimo aggiornamento: 24 Marzo, 20:07

Alcuni nuovi studi, riportati dal New York Times, riportano come i coronavirus mescolano spesso le proprie componenti genetiche, portando all’insorgere di nuove varianti pericolose. 

Di recente, i ricercatori hanno lanciato l’allarme: certe mutazioni potrebbero rendere i vaccini meno efficaci. Ma, a quanto sembra, non si tratta solo di piccole variazioni genetiche a preoccupare. Il nuovo coronavirus che provoca il Covid-19 avrebbe una particolare propensione, scrive il giornale americano, a mescolare porzioni del suo genoma, al momento di fare copie di se stesso. Mentre le piccole mutazioni, spiega il giornale americano, sono come caratteri tipografici in sequenza che variano, esiste un fenomeno che si chiama ricombinazione: una sorta di “taglia e incolla” che sostituisce un’intera sequenza di RNA con informazioni a volte molto differenti da quelle nella sequenza originaria. La variante sudafricana del Sars-Cov-2, per esempio, ha cambiato soltanto una singola lettera della lunga sequenza genetica del coronavirus. Poiché i virus hanno un sistema molto collaudato per replicarsi, queste piccole mutazioni sono relativamente rare. La ricombinazione, invece, è molto frequente nei coronavirus, è una loro particolare caratteristica.

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Il virus dell'influenza si comporta diversamente, segue un processo chiamato dagli esperti riassortimento.

Se diversi virus colpiscono la stessa cellula, frammenti di RNA possono mescolarsi: è così, con il riassortimento di ceppi virali presenti in maiali, uccelli e umani che è nata l'epidemia da influenza H1N1. Come in una sorta di microscopico Lego virale.

Ora una serie di nuove ricerche suggerisce che la ricombinazione potrebbe portare il coronavirus Sars-Cov-2 a essere più pericoloso. Ma, in prospettiva, studiare questo meccanismo biologico potrebbe anche fruttare indizi per aiutare gli scienziati a trovare nuovi farmaci, che potrebbero risultare efficaci a combattere la pandemia.

“Non c’è dubbio che la ricombinazione stia avvenendo  - ha dichiarato al New York Times Nels Elde, genetista specializzato in meccanismi evolutivi, dell’Università dello Utah - e in effetti potrebbe essere sottostimata, essere la causa di qualche nuova variante che crea preoccupazione”.

Al Vanderbilt University Medical Center guidato dal virologo Mark Denison, dove si fa replicare il SARS-CoV-2 in laboratorio, sono state osservate ricombinazioni “diffuse”. Probabilmente è in questo modo, replicandosi (e ricombinandosi) nel corpo di un paziente, che è nata la cosiddetta “variante inglese”, la B.1.1.7, in cui una decina di mutazioni sono apparse improvvisamente e contemporaneamente.

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Secondo Elde, sarebbe anche possibile, sebbene estremamente raro, che una persona possa essere infettata da due varianti contemporaneamente. Katrina Lythgoe, epidemiologa dell’Oxford Big Data Institute sostiene - sempre parlando con il giornale americano - che anche eventi molto rari possono avere un “impatto importante” nell'evoluzione del germe patogeno.

La proteina spike

Il team del dottor Elde ha studiato, con l’aiuto di un software, le differenti sequenze genetiche dei coronavirus che infettano l’uomo e quelli che invece colpiscono animali. Comparando i diversi tipi di agenti patogeni è subito apparso chiaro che molti degli eventi di ricombinazione hanno riguardato la proteina spike, quella che abbiamo tutti imparato a conoscere come la “serratura” che viene forzata dal coronavirus per replicarsi nell’organismo ospite. Tutti conosciamo la storia del "salto di specie". Anche la ricombinazione può permettere a virus che colpiscono altri animali di infettare gli esseri umani. 

Uno studio pubblicato su Nature, per cercare di capire quanto sia importante la ricombinazione nell'evoluzione del coronavirus, lo si può leggere qui

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