Questo significa che l’impatto della cessazione proposta deve essere il più lieve possibile e che deve sconvolgere il meno possibile la vita della persona già provata psicologicamente. In questo setting particolare si pone la sostituzione delle sigarette con le alternative senza combustione anche se con nicotina, sostanza che viene ricercata per diminuire l’ansia e lo stress” spiega il Dottor Fabio Beatrice, Direttore del Board Scientifico del MOHRE. “Oltre all'aumento associato della sopravvivenza per i pazienti con cancro che hanno smesso di fumare, è stato notato che la cessazione del fumo ha benefici per la salute a qualsiasi età con conseguente miglioramento della qualità della vita e aggiungendo fino a 10 anni alla durata della vita. Ecco perché la comunicazione ai fumatori deve insistere sui vantaggi e non solamente sui rischi che dal punto di vista cognitivo sono soggetti a resistenze se non a vere e proprie ‘rimozioni’” ha sottolineato la Dottoressa Johann Rossi Mason, Direttore dell’Osservatorio MOHRE. La risposta alle terapie oncologiche dipende anche dalla quantità di sigarette fumate durante la vita: i pazienti che fumano più di 40 pacchetti l'anno hanno una risposta peggiore alla chemio, rispetto a quelli che fumano meno. E quindi fondamentale calcolare il fumo cumulativo ossia il numero di pacchetti l'anno per il numero di anni fumati. “Nel concetto di riduzione del rischio non possiamo omettere i vantaggi economico sanitari degli interventi: oltre alle morti evitabili, il fallimento dei trattamenti antitumorali a causa del fumo impattano per 10.700 dollari a paziente. Se pensiamo che in Italia nel 2023 ci sono state 395mila nuove diagnosi di tumore e che il 24% della popolazione fuma, i vantaggi di programmi di aiuto alla cessazione dopo la diagnosi potrebbero essere determinanti in termini clinici ed economici” conclude il Dottor Fabio Beatrice.
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