Vaccino AstraZeneca, l’Italia blocca l’export verso l’Australia. E l’Ema testa lo Sputnik

Vaccino AstraZeneca, l Italia blocca l export verso l Australia. E l Ema testa lo Sputnik
di Andrea Bassi e Graziella Melina
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Venerdì 5 Marzo 2021, 00:24 - Ultimo aggiornamento: 10 Marzo, 12:09

L’accelerazione sui vaccini ora è visibile. L’Italia ha bloccato l’esportazione verso l’Australia di 250 mila fiale prodotte ad Anagni. E l’Ema intanto ha accelerato sull’autorizzazione al vaccino russo Sputnik. La svolta era nell’aria. Mario Draghi nel primo consiglio europeo aveva chiarito che le case farmaceutiche non potevano essere «scusate» delle violazioni dei contratti. Con Big Pharma, insomma, andavano mostrati i muscoli. Concetto ribadito probabilmente anche nella telefonata con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen di martedì. E proprio Roma è stata la prima a reagire con forza bloccando l’esportazione verso l’Australia di un partita di 250.700 fiale di vaccino AstraZeneca provenienti dallo stabilimento Catalent di Anagni.

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La mossa è stata resa possibile dal regolamento europeo entrato in vigore a fine gennaio che stringe le maglie sull’export dei vaccini prodotti in Europa verso Paesi terzi.

Il regolamento riguarda solo gli accordi di acquisto anticipato siglati dalla Commissione Ue fino ad oggi con sei case farmaceutiche: Pfizer-BioNtech, Moderna, AstraZeneca, Sanofi, Johnson & Johnson, CureVac. Le norme sono valide fino a fine mese, ma sono prorogabili, e danno un diritto di veto alla Commissione sull’export. Ma la procedura deve essere attivata dallo Stato membro. E così è andata.

LA DECISIONE

Il ministero degli Esteri guidato da Luigi Di Maio, ha dato parere negativo sull’esportazione delle fiale verso l’Australia, e lo stesso hanno fatto il ministero della Salute Roberto Speranza e l’Agenzia delle Dogane guidata da Marcello Minenna. La ragioni del blocco sono due: la prima è la penuria di vaccini in Italia, nonostante la terza ondata sia ormai alle porte. La seconda è che in Australia la situazione non è invece così negativa. La nota della Farnesina parla di altri lotti di AstraZeneca autorizzati per l’esportazione, ma solo perché si trattava di piccoli quantitativi necessari a effettuare test e sperimentazioni.

 

In realtà, secondo quanto ricostruito dal Messaggero, una settimana prima della richiesta di autorizzazione all’esportazione delle 250 mila fiale, AstraZeneca avrebbe avanzato una richiesta anche per altre 500 mila dosi. Destinazione sempre l’Australia. Anche in questo caso ci sarebbe stato il parere negativo degli Affari esteri. Ma non è chiaro se poi i vaccini sono rimasti in Italia o se sono stati spediti alla volta di Canberra. Fatto è che, su una capacità produttiva di un milione di dosi, ben 750 mila di quelle prodotte in Italia sarebbero state indirizzate verso un altro Paese, mentre in tutta Europa le forniture sono state tagliate.

 

L’ALTRO FRONTE

Intanto si va avanti anche sul fronte di Sputnik. Se davvero il vaccino russo è efficace e sicuro toccherà all’Ema stabilirlo. Ma serviranno dati certi. «Per ora, disponiamo soltanto di uno studio pubblicato su una rivista scientifica, e ci dice che ha un buon potenziale, ma questo non basta per approvare un vaccino», spiega Guido Rasi, ordinario di Microbiologia dell’Università di Tor Vergata ed ex direttore esecutivo dell’Ema. L’Ente regolatorio europeo dovrà invece verificare efficacia, sicurezza e qualità della produzione. Ma su quest’ultimo aspetto la questione è tutta da chiarire. «So che i russi hanno grossi problemi di produzione», ammette infatti Rasi. I tempi per poter capire come stanno davvero le cose non dovrebbero però essere lunghi. «Dipende da quando portano i dati che servono.

 

Ema ha dimostrato che in 20 giorni è in grado di rivedere tutto un dossier, come nel caso di Moderna e Pfizer, perché era buono. Ha impiegato invece due mesi per quello di Astrazeneca, che era un po’ disordinato, ma poi è andato tutto bene, perché è un buon vaccino. Con Johnson and Johnson si va all’11 marzo. Diciamo che servono 21 giorni lavorativi se si hanno dati perfetti, ossia su tutta la catena di produzione, l’efficacia e la sicurezza. Dopodiché - prosegue Rasi - se i russi possono produrlo in quantità, e in modo tale che la prima fiala sia uguale alla 15milionesima, allora il vaccino può essere autorizzato. Ricordiamo che non sapremo comunque niente dell’efficacia sulle varianti al momento dell’approvazione». 

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