Sebbene riferendoci al Covid-19 parliamo di una patologia primaria respiratoria, è oramai ben noto che il Sars-CoV-2 aggredisce anche altri organi e che l'epidemia ha impatti più ampi di quanto pensiamo. I primi casi descritti di encefalite da covid risalgono a marzo 2020 e già a maggio si parlava anche di possibili ictus cerebrali. Nel settembre del 2020 la prestigiosa rivista Nature riportava i possibili danni cerebrali correlati al virus. Sappiamo tutti oramai come l'infezione possa iniziare con un mal di testa o con perdita dell'odorato, sintomi che possono persistere anche dopo remissione dell'infezione. Anche l'ictus e i disturbi cerebrovascolari rappresentano una complicanza abbastanza frequente (2.8%), con un rischio che aumenta con l'aggravarsi della malattia. Secondo uno studio osservazionale che raccoglie i principali ospedali europei, il Sars-coV-2 può colpire il cervello, dalle cefalee, alle mialgie, all'encefalopatia e ai disturbi psichiatrici, in circa tre pazienti su quattro. Il meccanismo con cui ciò avviene non è ancora perfettamente chiaro. Vi può essere un'azione diretta del virus oppure i sintomi neurologici possono essere conseguenza della forte reazione infiammatoria indotta da una iperstimolazione del sistema immunitario.
Un fenomeno oramai noto è rappresentato dal cosiddetto Long-Covid, in cui alcuni sintomi neurologici legati all'infezione persistono dopo la guarigione dei sintomi respiratori. Tra questi i più importanti sono le cefalee, i disturbi della memoria, l'apatia, la fatica mentale e fisica, la depressione e i pensieri ossessivi. Quando ciò succede è consigliabile rivolgersi ad un neurologo.
DISASTRO DAD
L'aula della scuola è lo spazio per eccellenza per la crescita psicologica e sociale. Non è solo un contenitore di informazioni e nozioni. Nella scuola si forgia il capitale umano di domani. Invece molti ragazzi hanno trascorso troppo tempo appesi a uno schermo e il mondo virtuale è diventato l'unico surrogato della scuola, dei parchi, degli incontri con gli amici. Forse è stato anche un salvagente per loro, ma tutto questo finisce per avere un ruolo sostitutivo che illude il cervello ed elimina il senso profondo delle relazioni esponendoli alle trappole che i social possono nascondere per ragazzini e ragazzine che impazzano sul web.
La vita in rete deve essere complementare a quella analogica. Ma perché ciò succeda l'educazione digitale deve diventare uno dei perni della scuola. E ricordiamoci che la scuola inizia a 6 anni. La verità è che insegniamo ai nostri figli come comportarsi nella vita vera, ma gli diciamo poco del mondo virtuale. Invece i giovani vanno educati. Per questo hanno bisogno soprattutto di maestri che trasmettano loro non solo nozioni ma soprattutto comportamenti corretti e passione e che, come diceva Ovidio, li portino a guardare in alto, rivolgere sempre lo sguardo alle stelle, ed avere ideali.
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Newsletter Utilità Contattaci
Logout