@dandycappblog C'era una volta un pony in fuga. Da chi o da cosa non è ben chiaro. Se ne andava zompettando allegro sul Grande Raccordo Anulare. Bianco, la chioma curata, trotterellava contromano sfidando incosciente il fato. Questo Kerouac con gli zoccoli è stato infine salvato dall'inferno di lamiere che i romani tollerano come gli scioperi selvaggi. Ma non è stato l'unico a tentare di cambiare vita, fuori dalla gabbia. Prima di lui, ci aveva provato un elefante di 3 tonnellate: novembre 2013, l'animale fu scoperto tra i banchi della frutta in un mercato di Ponte di Nona.
Quaranta anni, non voleva più stare nel circo in cui doveva sollevare zampe e fare quelle cose che fanno ridere i bambini. Dal Bioparco, invece, è volato via – settembre 2014 – un marabù, gigante del cielo – avvistato sui tetti del quartiere Prati, più e più volte. Meno innocuo ma sempre assai poco metropolitano, il boa constrictor, lungo due metri e mezzo, che se ne andava strisciando a Casal Lumbroso, in una calda estate di tre anni fa. Per nulla intimorito dagli sguardi preoccupati di chi, vedendolo, attraversava di corsa la strada.
Si sentivano a casa loro, i maiali, che il Natale di due anni, decisero di puntare i cassonetti stracolmi di rifiuti di Boccea. Maiali star, le loro foto fecero il giro del mondo, e Roma non ci fece bella figura. Potrebbero essere loro i protagonisti di una versione romana e riadattata della Fattoria degli animali di George Orwell. Il racconto di una rivolta contro il totalitarismo a due gambe, una fuga dall'Alcatraz umano in cui vivono ingabbiati, inno per nulla metaforico alla libertà.
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