«Gestiva tutto lui, ora non c'è più un capo», commenta con sguardo smarrito il più anziano della comitiva del Tuscolano, accanto alla serranda alzata, mentre tra una vetrina e l'altra del locale un gruppo di ragazzi inizia a tratteggiare quello che sarà un murale alla memoria di Diablo, come lo chiamavano tutti. Il disegno per ora solo abbozzato, è la griffe del capo ultrà, gli occhi di ghiaccio del ladro del fumetto che gli ha dato il nome, anzi il soprannome.
«Per chi sta qui è come aver perso un padre o un fratello», racconta Riccardo Rastelli, lo speaker più ascoltato della voce della Nord, l'emittente degli ultrà, un'infinità di ore passate in redazione con Piscitelli. Per il resto, taglia corto, «non c'è nulla da dire, è il momento del dolore. Ci faremo sentire, ma a modo nostro. Come e quando vorremo». Verso i giornalisti, c'è ostilità. La sera dell'agguato, alcuni cronisti sono stati insultati e spintonati. La Federazione nazionale della stampa ha condannato le «minacce».
LA FIACCOLATA
Ieri notte l'appuntamento per gli ultrà era davanti alla chiesa di San Policarpo, all'Appio Claudio, una «fiaccolata in memoria di Fabrizio». Ma è in via Amulio che, per tutta la giornata, si affacciano le prime linee della Curva. Lo striscione degli Irriducibili viene srotolato davanti alla sede. Nella Nord, invece, non dovrebbe esserci, almeno alla primo match casalingo, il derby con la Roma. Al Tuscolano c'è chi lascia un mazzo di fiori, chi un biglietto, anche i romanisti mettono una maglia, segno di rispetto nel sottobosco della tifoseria estrema. A cento metri, su un muro di piazza Santa Maria Ausiliatrice, c'è una scritta accanto a una croce celtica: «Vestìti bene o male, belli o brutti, menamo a tutti». Postilla: «Romanista coniglio». Ma ieri il clima era un altro, marchiato dal lutto.
Toccherà trovare un erede, quindi. I capi della Nord si riuniranno di nuovo, per decidere a chi affidare la Curva. Tra i più ascoltati c'è Alessandro, detto Sandro er Cinese, più d'uno vede in lui la possibile, nuova guida. Anche perché altri sono impelagati in vicende giudiziarie. Si vedrà. Fino a ieri nessuno voleva guardare al futuro, si mostrava solo il dolore per l'omicidio del Diablo, a cui facevano da cassa di risonanza le emittenti biancocelesti. Un ascoltatore, a Radio Sei, si chiedeva: «Siamo tornati ai tempi del Libanese?».
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