Roma, la lite e la coltellata: massacrata dal marito sotto gli occhi della figlia

Un nuovo femminicidio nel quartiere Quadraro: il killer arrestato dopo la fuga

Roma, la lite e la coltellata: massacrata dal marito sotto gli occhi della figlia
di Alessia Marani
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Domenica 17 Marzo 2024, 10:05 - Ultimo aggiornamento: 18 Marzo, 08:27

Uccisa dal marito sotto gli occhi della figlioletta di 5 anni. La coltellata inferta nel costato, sotto il petto, le è stata fatale. Per pochi minuti Xuemei Li, 37 anni, cinese, è rimasta appesa alla vita con un flebile respiro, immobile nel letto.

Vani i soccorsi del 118 e l’arrivo della polizia: quando i soccorritori hanno raggiunto l’appartamento al terzo piano del condominio via Livilla, al Quadraro, popolosa periferia a Est di Roma, il cuore della donna ha smesso di battere per sempre. L’uomo, Yu Yang, 36 anni, è stato arrestato poco dopo, intercettato dagli agenti mentre camminava in una strada vicina, con lo zaino sulle spalle, alcuni indumenti e il passaporto all’interno. Aveva avuto anche il tempo di cambiarsi la maglia e il giubbetto e probabilmente architettava un piano per darsi alla latitanza, magari trovando riparo nell’ambito della comunità orientale. 
 

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Cosa è successo

Erano circa le 23,30 di sabato e un vicino di casa aveva chiamato le forze dell’ordine per una «lite in atto».

Invece, in via Livilla si era appena consumato l’ennesimo femminicidio. «Yu era geloso, era un ossesso», ha svelato un’amica della vittima agli inquirenti. A mandarlo su tutte le furie aveva contribuito anche il fatto che Xumei facesse la massaggiatrice. La polizia sta cercando di ricostruire attraverso il suo telefono la rete esatta delle amicizie e dove svolgesse esattamente l’attività e se fosse sotto ricatto. 
 

 

 

Le discussioni nella coppinon erano isolate. Anzi. Racconta una vicina: «Dieci giorni fa c’era stato trambusto e ho visto lei uscire fuori sul pianerottolo che trascinava via la bimba. Pensavo se ne fosse andata di casa. I motivi? Non li conosco, con noi era solo buongiorno e buonasera». Invece sabato Xuemei era ancora lì nella stanza condivisa da nemmeno due mesi con il marito e la figlia, arrivati in Italia a gennaio per ricongiungersi con lei. Nello stesso appartamento erano ospitate anche altre due giovani coinquiline. Ieri mattina erano sotto il palazzo, con un’altra amica e i trolley al seguito. Non parlano italiano, qualcosa dicono approfittando del traduttore sullo smartphone («avevano litigato, non era la prima volta. La bimba è venuta a bussare da noi per chiedere aiuto»), una di loro fa un gesto con la mano a mimare un «ti sgozzo» che forse l’uomo aveva intimato alla moglie chissà quante volte. «Siamo studentesse, eravamo lì da poco», spiegano prima di andarsene. All’abitazione sono stati apposti i sigilli, il pm ne ha disposto il sequestro. I poliziotti hanno rinvenuto all’interno il coltello da cucina utilizzato per uccidere Xuemei. «Mamma non si muove più», ha detto sua figlia dopo avere bussato alla porta della stanza delle due ragazze. Nel palazzo si era sentito un urlo disperato poco prima. Il corpo della donna era sul letto in una pozza di sangue. Su di lei Yu Yang si è accanito con violenza cieca e furiosa. 

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IL PASSAPORTO
Mentre esalava gli ultimi respiri, i “Falchi” della Mobile in borghese e le volanti hanno «cinturato», come si dice in gergo, la zona attorno al delitto. Sui loro cruscotti l’immagine, ricavata dal passaporto, di un uomo quasi calvo, il fuggitivo che, dalla descrizione, avrebbe dovuto indossare un giubbotto giallo. Poi l’intuizione: un giovane cinese, ma con i capelli più lunghi e un abbigliamento differente, viene visto percorrere a ritroso via dei Consoli, da piazza Don Bosco e dirigersi (di nuovo) verso via Livilla. Gli agenti lo fermano, lui non oppone resistenza. Non parla italiano e nemmeno l’inglese. Porge loro lo zaino per un’ispezione. Ecco che salta fuori il suo passaporto, lo stesso delle ricerche. Negli oggetti riposti all’interno c’è del sangue. L’uomo viene portato in Questura, lo zaino sequestrato. Fa un cenno come a indicare il palazzo della mattanza, una sorta di ammissione. Forse, disorientato e confuso non conoscendo bene le strade, voleva raggiungere la vicina fermata della metro a quell’ora ancora aperta. 

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