Roma, imprenditore aiutò un clan camorrista: sequestrati beni per 20 milioni

Luciano Viglietta aiutò la latitanza dei polverino: nel 2022 è stato condannato per favoreggiamento

Roma, imprenditore aiutò un clan camorrista: sequestrati beni per 20 milioni
di Camilla Mozzetti
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Martedì 13 Febbraio 2024, 07:10

Un patrimonio di 20 milioni di euro composto di appartamenti, ville (fra cui una lussuosa a Golfo Aranci), terreni e auto di lusso fra i Comuni di Pomezia, Castel Gandolfo, Albano, Anzio e Olbia. A cui si aggiungono anche 11 società. È questo il "paniere" del sequestro, finalizzato alla confisca, eseguito ieri dalla sezione misure di prevenzione del Nucleo investigativo dei carabinieri su richiesta della Direzione distrettuale antimafia a carico di Luciano Viglietta un imprenditore romano accusato di aver favorito la latitanza, nel 2012 e poi nel 2017, di due esponenti dei Polverino, clan di camorra. Per questo nel marzo del 2019 Viglietta fu condannato in primo grado dal tribunale di Napoli per concorso esterno in associazione mafiosa. Condanna confermata in Appello ma poi riformulata in favoreggiamento dopo il rimando deciso dalla Cassazione ad altra Corte.

 

Le indagini

Le indagini patrimoniali hanno tuttavia portato al decreto eseguito ieri. Tra i beni oggetto del sequestro compaiono proprio quegli immobili finiti al centro delle indagini dell'epoca secondo cui due esponenti del clan camorristico avrebbero vissuto per un breve periodo nel 2012 e poi nel 2017, coperti dietro finti contratti d'affitto. Si trovano nel complesso immobiliare di via Angelini a Pomezia dove i militari hanno sequestrato in totale 156 appartamenti fra via Laurentina e la zona industriale. A questi appartamenti si aggiungono altri immobili per un totale di 167 fra case, ville, box e terreni.

 

Il passato

Le indagini patrimoniali - diffondono i carabinieri - hanno consentito di ricostruire il «profilo e la carriera criminale dell'uomo (oggi 64enne ndr) nonché di individuare il suo ingente patrimonio, da ritenersi frutto di attività illecite». I militari hanno ricostruito il passato dell'uomo che, nel corso degli anni, è stato coinvolto in fatti di usura, ricettazione, truffa, falsità in scrittura privata, sostituzione di persona, falsità in testamento olografo, bancarotta semplice, dichiarazione fraudolenta attraverso l'uso di fatture per operazioni inesistenti. E ancora dichiarazione infedele, omessa dichiarazione, realizzazione di discariche non autorizzate, violazione dei sigilli, violazione della legge sugli stupefacenti fino al favoreggiamento di latitanti. Sempre i militari nel ripercorrere il passato di Viglietta ricordano come l'imprenditore nel 2012 aveva fornito al clan di Marano di Napoli appoggio logistico per lo stoccaggio di 1.500 chili di hashish e, successivamente, aveva fornito ospitalità a tre esponenti apicali della compagine camorristica.
Nel corso dei mesi le indagini bancarie, poi, estese alla compagini societarie hanno riguardato oltre all'imprenditori i suoi familiari e hanno fatto ipotizzare il ricorso «a numerosi prestanome, nonché a complessi paggi societari - diffondono ancora i carabinieri - impiegati per schermare le disponibilità immobiliari a lui riconducibili». L'ammontare dei beni, sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati dall'interno nucleo familiare, «è da ritenere di provenienza illecita nonché la dimostrata pericolosità sociale hanno consentito alla Dda di ritenere presenti i presupposti per richiedere il sequestro anticipato dei beni».
 
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