Droga al figlio in carcere a Velletri, arrestata mamma pusher: sequestrati 20 grammi di cocaina

La donna durante il colloquio ha tentato di passare l’involucro al detenuto. Gli agenti hanno bloccato lo scambio

Droga al figlio in carcere a Velletri, arrestata mamma pusher: sequestrati 20 grammi di cocaina
di Karen Leonardi
3 Minuti di Lettura
Venerdì 9 Febbraio 2024, 22:31

La droga in cella la portava la mamma, venuta appositamente da Nettuno per incontrare il figlio, 35 anni, detenuto nel carcere di Velletri per rapina, furto e ricettazione. La cinquantacinquenne ammessa al colloquio nel penitenziario dei Castelli Romani, per sfuggire ai controlli aveva nascosto 20 grammi di cocaina in un guanto in lattice, chiuso con dello spago bianco e occultato nelle parti intime. Uno stratagemma tipico dei narco-trafficanti, che, però, non è bastato. L’insospettabile signora, badante di un anziano residente sul litorale, è stata infatti intercettata dalle guardie della polizia penitenziaria presenti nella stanza.

Terni, dopo la condanna per spaccio di droga non rispetta l'affidamento in prova e finisce in cella

La tensione

Il tentativo di passare furtivamente al figlio l’involucro con la droga è avvenuto l’altro ieri nella sala adibita agli incontri tra reclusi e familiari, verso la fine del colloquio, e non sono mancati momenti di tensione. «Signora, cosa sta facendo? Ci mostri quel pacchetto», ha intimato un agente. La donna ha tentato di negare, ma la prova era lampante.
Immediato l’arresto da parte della polizia penitenziaria.

Processata per direttissima, la madre-pusher si trova ora agli arresti domiciliari nella sua abitazione a Nettuno. Il personale e la direzione del carcere, approfondito l’accaduto con un’indagine interna, non hanno dubbi: la polvere bianca era entrata con l’obiettivo di allestire una vera e propria attività di spaccio tra le celle, e non soltanto per l’uso personale del trentacinquenne.

L’emergenza

L’introduzione della droga nelle patrie galere ripropone l’emergenza dei detenuti tossicodipendenti, presenti in numero consistente in tutti i penitenziari d’Italia, per i quali stentano a decollare programmi di recupero tesi alla riabilitazione, funzione prioritaria dell’istituzione carceraria. Il Sappe chiede maggiori controlli e torna a richiamare l’attenzione dei vertici regionali e nazionali dell’amministrazione penitenziaria affinché vengano date «risposte concrete alla risoluzione delle attuali problematiche esistenti nel penitenziario di Velletri, anche dotando le donne e gli uomini della polizia penitenziaria, da sempre in prima linea sul fronte dell’ingresso e possesso di droga in carcere, di adeguati strumenti tecnologici di controllo». Proposta l’adozione di misure già sperimentate con successo in altre carceri italiane. 
«Il problema dell’ingresso della droga in carcere – afferma Donato Capece, segretario del Sappe - è questione ormai sempre più frequente, a causa dei tanti tossicodipendenti ristretti nelle strutture italiane. Rispetto a tale problema bisognerebbe fare molto di più, seguendo l’esempio del carcere di Rimini, dove da tanti anni esiste un piccolo reparto, con 16 posti, dedicato a soggetti tossicodipendenti, i quali sottoscrivono con l’amministrazione un programma di recupero».
Superato il percorso iniziale, scatta poi l’assegnazione a comunità esterne, favorite dalla legislazione. «Questa è la strada da seguire per togliere dal carcere i tossicodipendenti – conclude Capece - e limitare sempre di più l’ingresso di sostanze stupefacenti, unita ovviamente a tutte le attività di prevenzione, come l’utilizzo delle unità cinofile, fondamentali nel contrasto dei tentativi illeciti e fraudolenti di ingresso e smercio di droghe in carcere». Maurizio Somma, segretario nazionale per il Lazio del Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria, ha espresso «apprezzamento al personale penitenziario che ancora una volta, con grande professionalità ed astuzia, ha stroncato sul nascere l’introduzione in carcere di sostanze stupefacenti».

© RIPRODUZIONE RISERVATA