I genitori gli avevano dato fiducia. A.L., autista di uno pulmino per studenti, avrebbe dovuto portare tutte le mattine la bimba a scuola, per poi riaccompagnarla a casa il pomeriggio. Invece per quattro anni non si sarebbe limitato a guidare, anzi, avrebbe fatto precipitare la piccola in un incubo. Secondo la Procura di Roma, l’uomo ha abusato di lei «costringendola a subire palpeggiamenti delle gambe, del seno e delle parti intime», da quando aveva 9 anni. Adesso il conducente dello scuolabus è a processo, accusato di violenza sessuale aggravata perché commessa nei confronti di una minorenne e nelle immediate vicinanze di un istituto di istruzione.
I FATTI
Secondo la denuncia presentata dalla famiglia (che poi però non si è costituita parte civile nel processo), tutto sarebbe iniziato alla fine del 2013.
LE VIOLENZE
È durante uno di quei viaggi che si sarebbero consumate le violenze, le prime quando la bambina aveva appena 9 anni. «Abusando delle condizioni di inferiorità fisica e psichica della bambina», si legge nel capo d’imputazione, l’autista in un primo momento si sarebbe lasciato andare a palpeggiamenti limitati alle gambe, ma che col tempo avrebbero avuto una progressiva escalation: le mani veloci dell’imputato sarebbero arrivate a toccare anche il seno e altre parti intime della piccola, «ponendo in alcune occasioni la mano della minore sui propri genitali», come scritto nelle carte in mano all’accusa. Ma nonostante tutto, ogni mattina l’autista continua a presentarsi alla porta di casa della famiglia e la piccola continua a salire su quel pulmino per andare a scuola, senza raccontare niente a nessuno.
LA DENUNCIA
«All’inizio non capivo - ha spiegato la ragazzina ai giudici - non davo peso a questi atteggiamenti». Passano le settimane e l’incubo continua fino a che i mesi diventano anni, perché le violenze sarebbero andate avanti fino al 22 novembre del 2017, momento in cui la bambina (compiuti 13 anni) ha capito cosa le stesse accadendo. A quel punto la vittima ha trovato il coraggio di raccontare tutto ai genitori. «C’è stato un momento in cui il mio corpo ha iniziato a cambiare e quel contatto fisico ha iniziato a darmi sempre più fastidio - ha raccontato la ragazza in Tribunale - E poi ho iniziato a capire cosa mi stava capitando anche grazie a ciò che vedevo intorno a me. Penso ad alcuni programmi televisivi, in cui vengono raccontate storie come quella che ho vissuto io. Ad esempio, mi riferisco alla serie tv americana “Criminal Minds” o anche a “Le Iene”.
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