Andrea Gioacchini, pericolo di fuga per il mandante del delitto: il "boss" della Magliana Ugo Di Giovanni torna in carcere

L'uomo, "nipote" di Michele Senese, era stato arrestato dai carabinieri dopo le confessioni dei fratelli Capogna. Il gip aveva disposto i domiciliari in una comunità di Torricella Sabina con il braccialetto elettronico ma considerato il pericolo di fuga e i "contatti" che avrebbe avuto con l'esterno è stato associato al carcere

Andrea Gioacchini, pericolo di fuga per il mandante del delitto: il "boss" della Magliana Ugo Di Giovanni torna in carcere
di Alessia Marani e Camilla Mozzetti
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Giovedì 29 Febbraio 2024, 21:20 - Ultimo aggiornamento: 21:32

«Ho troppi anni da fare, devo avere sempre aperto un programma con il Cim (Centro igiene mentale ndr)», scriveva Ugo Di Giovanni a un amico spiegando così il meccanismo delle comunità terapeutiche come “salvacondotto” per evitare il carcere. Il “nipote” di Michele Senese - così lo chiamano alla Magliana per via dello stretto legame con il boss in odore di Camorra - pensava di esserci riuscito anche questa volta, l’ennesima. Ma per lui, accusato di essere il mandante dell’omicidio del “Barbetta”, al secolo Andrea Gioacchini, 38enne ucciso da un sicario in moto davanti all’asilo dei figli la mattina del 10 gennaio 2019, invece, si sono spalancate le porte di Regina Coeli.

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Era proprio in una comunità di Torricella Sabina, a dodici chilometri di distanza da Rieti, che a Di Giovanni poco più di due settimane fa era stato notificato il provvedimento di fermo. Ed è qui che, dopo la convalida dell’arresto, il gip di Rieti riteneva potesse affrontare il periodo cautelare con braccialetto elettronico e non già in una struttura carceraria.

Motivo? La «granitica allegazione difensiva circa una preesistente, non migliorabile condizione di incompatibilità con il regime carcerario, attestata dai plurimi psichiatri e periti, anche in altri procedimenti penali dal 2019 al 2023». Peccato, però, che Di Giovanni, figlio di Domenico, “Mimì” , sodale e storico socio d’affari di Senese “O’ Pazz’”, intercettato nell’indagine su Gioacchini dagli specialisti della Dia, dei carabinieri e della polizia, che hanno operato collegialmente come unico ufficio, appariva sempre lucido e ben presente a se stesso. Di quel «disturbo bipolare di tipo 2 e personalità borderline, con pregresso poli-abuso di sostanze stupefacenti» nessun segno effettivo. Mai. Sarà un caso ma tra i professionisti sanitari che in passato relazionarono sul suo stato di salute psichica compariva anche quell’Andrea Pacileo, psichiatra del San Giovanni, indagato per essere stato sul libro paga del narcoboss albanese Elvis Demce. 

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A impedire a Di Giovanni di cavarsela anche questa volta il giudizio di incompatibilità del gip reatino sulla decisione dopo il ricorso della Procura, corredato delle note dei carabinieri del Nucleo investigativo dell'Arma di Roma che hanno messo in evidenza il suo excursurs criminale. Dal marzo 2019 inanella arresti per l’estorsione mafiosa ai danni di un imprenditore di Guidonia; per narcotraffico internazionale poiché ritenuto a capo di un’organizzazione formata da non meno di 18 persone tra l’Italia e la Spagna; per altri reati di droga ed estorsioni che governa mentre finisce nella comunità di turno.

Di Giovanni ottiene di essere ammesso a programmi terapeutici presso “Il Merro” di Palestrina, da dove come le indagini hanno accertato usando il sistema di messaggistica "Sky-Ecc" comunicava con l'esterno portando avanti i suoi affari. Quando Di Giovanni entra in comunità, il 16 gennaio 2021, riferisce a un suo amico con cui chatta di avere urgente bisogno di soldi, che erano stati preventivamente messi da parte, anche per il pagamento delle perizie: «Me servono per la famiglia, avvocati, perizie e comunità», scrive il boss. Dal "Merro" passò poi al centro di cura dalle dipendenze “Magliana 80”, quindi il 9 agosto 2023 approda a Villa Belvedere.

«IL PIU' LUCIDO DI TUTTI»

Una struttura accreditata che se lo è visto arrivare come molti altri pazienti. «Ha sempre mostrato una grande lucidità», diceva un paziente che con Ugo ha parlato più di una volta durante il “soggiorno” di entrambi. «Passava gran parte delle sue giornate in stanza, non era di molte parole ma non dava segni di instabilità». In questa comunità Di Giovanni ci è tornato per sole ventiquattro ore poi l’ingresso a Regina Coeli. «Le esigenze cautelari sussistenti nel caso concreto - spiega il gip - attengono al pericolo concreto di inquinamento probatorio, di fuga e di commissione di ulteriori reati della stessa specie di quelli per cui si procede».

«Particolarmente significativa - scrive il gip Francesco Patrone - in ordine alla attualità del pericolo di inadeguatezza della misura domiciliare, sia pure assistita dal dispositivo elettronico, è la circostanza che il 16 gennaio 2024 intorno alle 15.40 i carabinieri attraverso il monitoraggio dell’area pertinenziale della struttura, hanno colto il Di Giovanni mentre utilizzava un cellulare smartphone». A riprova di come anche dalla semisconosciuta Torricella Sabina l’uomo seguisse ancora lo schema adoperato quando si trovava in altre comunità. A gennaio del 2021 Di Giovanni quando entrò in un’altra struttura disse a un amico: «Eccomi fratè, so uscito, sto in comunità». Stavolta il “salvacondotto” non ha funzionato.

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