Roma, poliziotto uccise rapinatori che scappavano con una pistola giocattolo, la Procura: «Va prosciolto»

La rapina finita nel sangue nel 2017 a Guidonia
di Adelaide Pierucci
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Domenica 23 Settembre 2018, 10:17 - Ultimo aggiornamento: 10:21
Ha sparato e ucciso due rapinatori che, fallito un colpo, scappavano con le pistole giocattolo. Ma non va processato. L'agente di polizia fuori servizio che nel giugno 2017 centrò con tre proiettili a Collefiorito di Guidonia Simone Brunetti, 21 anni, e Emanuele Taormina, 22, ha solo «commesso un errore inevitabile». Almeno andò così secondo il pm Gabriele Izzolino e il procuratore capo di Tivoli Francesco Meditto che hanno firmato per il poliziotto la richiesta di archiviazione. «La notizia di reato è infondata», hanno concluso, e quindi l'accusa di duplice omicidio colposo va fatta cadere, secondo i magistrati.

I motivi, sempre secondo i magistrati, sono tre: «L'agente era legittimato ad intervenire, le armi dei rapinatori apparivano in tutto e per tutto vere e l'uso dell'arma pur nei confronti di soggetti in fuga era legittima trattandosi di una fuga pericolosa per l'incolumità dei terzi e dello stesso indagato». «Ciò significa - è stata la conclusione - che l'agente ha fatto uso della pistola in dotazione in quanto aveva percepito il fondato e imminente pericolo di essere in quel momento bersaglio dei due rapinatori. Di conseguenza la scelta di non sparare in aria e di mirare al busto delle persone offese è sicuramente non sproporzionata». Secondo la perizia balistica l'agente, al momento dei fatti in forza al commissariato Spinaceto, con soli tre colpi era riuscito a centrare due volte entrambi i rapinatori.

Il primo colpo, infatti, ha trapassato la schiena di Brunetti (distante appena 6 metri) per penetrare poi l'altro fuggiasco, Taormina, a una coscia. Il secondo proiettile, sparato un attimo dopo, ha colpito di nuovo l'emitorace destro di Brunetti, che morirà poi in ospedale dopo un mese e mezzo. Mentre il terzo, esploso dopo otto secondi, ha freddato Taormina, che si trascinava ferito a 42 metri di distanza. «Mi sono qualificato prima di sparare. Ho sparato per difendermi», si è sempre giustificato il poliziotto, difeso dall'avvocato Eugenio Pini.

IL COLPO
Quel giorno Brunetti e Taormina, incensurato e operaio al Car, non si erano presentati al lavoro e con un Fiorino rubato avevano speronato l'auto di un grossista ortofrutticolo pronto a versare 9 mila euro in banca. E col volto coperto e il calcio della pistola lo avevano picchiato. Ma qualcosa andò storto e scapparono verso un giardinetto. L'agente, che aveva assistito alla scena, li raggiunse sparando più colpi. I familiari dei due ragazzi non si rassegnano. «Mio figlio - dice il papà di Taormina - è morto perché dopo una rapina finita male avrebbe forse mostrato una pistola finta contro un agente che gli puntava un'arma vera. Neanche un suicida. Avevano sbagliato, meritavano la galera, non il camposanto». L'avvocato Luca Guerra, che li assiste, si opporrà alla richiesta di archiviazione. «In alternativa - spiega - l'indagato verrebbe di fatto graziato grazie all'interpretazione delle perizie. Resta mirabile la precisione di tiro dell'agente su soggetti in fuga». La decisione spetta al gip.
 
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