Roma, abusi al centro minori: «Ci facevano giocare all'impiccato, qualcuno di noi perdeva i sensi»

Roma, abusi al centro minori: «Ci facevano giocare all'impiccato, qualcuno di noi perdeva i sensi»
di Michela Allegri
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Giovedì 21 Aprile 2016, 09:37

E' un lungo elenco di orrori, l'ordinanza a carico dei tre giovanissimi accusati di aver seviziato e violentato due coetanei. Una lista di angherie, un crescendo di violenza inaudita. «Sevizie raccapriccianti», le definisce il gip Carlo Caruso. Torture raccontate nei dettagli dalle vittime, due diciassettenni appena entrati nella comunità di Monte Mario.
«Sono arrivato il 10 marzo», racconta il primo. Da subito viene vessato e tenta di scappare, «mi hanno raggiunto e uno mi ha colpito in testa con una padella». Molestato praticamente tutti i giorni, "per più volte", quasi sempre "con soprusi sessuali". Ogni mattina, i carnefici conducono la vittima in una camera, che non viene nemmeno chiusa a chiave. Uno la immobilizza, un altro la tortura. Il terzo ride. Il minore implora pietà, inutilmente. «Dicevano che facevo schifo - confessa - mi sentivo ferito nel corpo e nel morale». Il 20 marzo arriva la seconda vittima. «Ci hanno obbligati a picchiarci», a mettere in scena uno spettacolo per il piacere dei carnefici, che amano la violenza e detestano la finzione. Tanto che quando si accorgono che i ragazzini cercano di colpirsi senza farsi male, perdono la testa e li picchiano. A uno spengono sigarette sul corpo, sulla bocca. Lo obbligano a mangiare la cenere. L'8 aprile scatta il "gioco dell'impiccato". Al ragazzino viene legato al collo un lenzuolo. Il nodo è stretto così tanto che il minore perde quasi i sensi. Poi, la tortura ricomincia. Con la cinta di un accappatoio, almeno 5 volte. «Aveva il viso violaceo, non respirava», racconta l'altro. «Una volta mi hanno costretto a ingoiare lo sgrassatore, un'altra mi hanno bruciato un piede con un cotton fiok incendiato e mi hanno urinato in faccia».

LA FUGA
Li derubano, costringono a evadere per comprare stupefacenti in un campo nomadi vicino. Il 3 aprile uno dei torturati riesce a scappare ma viene portato indietro dal padre. E' spaventato: la gang ha minacciato la sua famiglia. Dice a un'operatrice che è stato torturato. Non viene creduto. Rientra con un braccio ingessato. I carnefici lo colpiscono sull'arto dolorante e gli spengono una sigaretta sul labbro. Poi gli puntano un coltello sul fianco e scendono alle gambe, ferendolo a una coscia. Un giorno dopo le torture, si ritrova con i vestiti imbrattati di sangue. L'altro è al pronto soccorso. Decide di sporgere denuncia. Viene avvisata la responsabile del centro che chiama la polizia. Scattano sequestri e interrogatori. Gli operatori raccontano di essersi accorti di cicatrici e lividi. Giustificano il mancato intervento dicendo che i minori hanno sempre detto di essersi fatti male da soli rifiutando di andare in ospedale.