Roma, 35 anni fa l’attentato alla sinagoga. Dureghello: «Sia lutto cittadino»

Roma, 35 anni fa l’attentato alla sinagoga. Dureghello: «Sia lutto cittadino»
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Domenica 1 Ottobre 2017, 13:35 - Ultimo aggiornamento: 2 Ottobre, 19:24
Era il 9 ottobre del 1982, giorno in cui si celebravano contemporaneamente lo shabbat (giorno del riposo per gli ebrei) e lo Shemini Atzeret, a chiusura di Sukkot (festa delle Capanne). Al tempio maggiore di Roma erano presenti almeno 300 persone, tra cui molti bambini con le proprie famiglie per ricevere la benedizione. Alle 11.55 un commando di terroristi palestinesi, dopo aver atteso la folla di fedeli all’uscita del tempio, spuntò improvvisamente bloccando tutte le vie di fuga di via Catalana, la strada su cui si affaccia l’uscita posteriore della Sinagoga e dopo aver lanciato bombe a mano iniziò a sparare raffiche di mitra ad altezza d’uomo. L’aggressione durò circa cinque minuti. Successivamente gli attentatori furono visti fuggire a bordo di una Volkswagen rossa e di una Austin bianca.

A perdere la vita un bambino di soli due anni, Stefano Gaj Taché, colpito a morte da una scheggia di una bomba a mano. Altre 37 persone furono ferite, alcuni anche in modo gravissimo, fra cui i genitori e il fratello della piccola vittima, Gadiel Gaj Tachè (4 anni all’epoca dei fatti), colpito alla testa e all’addome, che si salvò per miracolo. «All’epoca avevo 4 anni ed è difficile ricordare tutto quello che è successo quel giorno - racconta Gadiel Gaj Tachè - quello che rimane è la sensazione di paura ogni volta che vado al Tempio e il dolore immenso per aver perso mio fratello. Poi c’è anche il dolore fisico che nonostante i numerosi interventi che ho dovuto subire mi porto avanti tutt’ora. Da dopo l’attentato purtroppo non ho recuperato al 100 per cento ma nonostante tutto mi reputo un miracolato perché sono ancora vivo».

Instancabile la battaglia portata avanti da Gadiel affinché il fratellino fosse inserito nell’elenco delle vittime del terrorismo in Italia: «Ci sono voluti 30 anni ma finalmente ci siamo riusciti - spiega - è una battaglia che ho portato avanti assieme a Ruth Dureghello e a Riccardo Pacifici». «Anche quest’anno, come tutti gli anni - spiega la presidente della Comunità ebraica Ruth Dureghello - la Comunità ebraica di Roma ricorderà con dolore l’attentato alla sinagoga ma ancora non sappiamo ancora quali saranno le cariche istituzionali che parteciperanno alle celebrazioni». Da quel giorno «sono cambiate tante cose ma tante altre sono rimaste le stesse - sottolinea Dureghello - È cambiato il livello di attenzione e di sicurezza che le forze dell’ordine quotidianamente assicurano in maniera costante ai luoghi di culto e alle istituzioni ebraiche e che purtroppo quel tragico giorno non c’era ma rispetto al clima generale devo constatare che, benché l’attentato sia rimasto nei nostri cuori come una ferita incurabile, non è stato così per tutti gli altri».

«Ancora in questa città il 9 ottobre non è un momento di lutto - aggiunge - lo è per Comunità ebraica ma non lo è per la società civile anche se, come disse il presidente della Repubblica Mattarella, in quell’attentato morì un bambino italiano, un bambino romano».  
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