Ministro Lorenzin: «Contro la droga serve il pugno duro dei pm»

Il ministro Beatrice Lorenzin
di Alessia Marani
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Martedì 15 Luglio 2014, 08:09 - Ultimo aggiornamento: 12:22

Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin non usa mezzi termini. Parla di una ferita aperta all’indomani dell’inchiesta della squadra mobile

capitolina che ha portato all’arresto di otto persone, tra cui due dipendenti della Farmacia interna del policlinico Umberto I di Roma, per traffico internazionale di farmaci e l’apertura di un secondo filone di indagini per spaccio di cocaina all’interno del complesso ospedaliero, con habitué tra medici e infermieri.

Chiede la sospensione immediata dal lavoro nei confronti di quegli operatori «infedeli» alle dipendenze del sistema sanitario nazionale e pene più severe per chi commette reati «quando, invece, dovrebbe curare». E per questo ha pronto un emendamento ad hoc a un decreto di legge già in itinere.

Ministro, i fatti dell’Umberto I tracciano un’altra brutta pagina per la sanità.

«Sapere che in un policlinico universitario, un tempio della salute come l’Umberto I di Roma, ci sia un covo in cui si annidano furti e, addirittura, spaccio di droga non solo suscita un grande sdegno, ma è un fatto da condannare duramente e assolutamente. I cittadini si rivolgono a un ospedale per ricevere cure. Si affidano ai medici e agli infermieri nel momento in cui si sentono più indifesi. All’Umberto I, una delle strutture più importanti, nel pieno centro della Capitale, sono stata diverse volte, anche ultimamente per l’inaugurazione di alcuni reparti, come l’oncologia pediatrica, la cardiologia, il reparto di odontoiatria. Conosco gli sforzi che la direzione sta facendo per riportare il policlinico ad alti livelli ed è veramente un peccato che poi si verifichino cose del genere che non rendono onore a chi, invece, fa il suo dovere con onestà».

Insomma, ci sono mele marce.

«Ed è per questo che la giustizia, i magistrati, devono perseguire fino in fondo chi si approfitta della sua posizione di dipendente del sistema sanitario nazionale per commettere reati».

Prenderà provvedimenti?

«In questo caso si tratta di un’inchiesta penale che dovrà fare il suo corso. I magistrati dovrebbero intervenire severamente, come mi auguro, applicando le misure interdittive più pesanti. Troppe volte è successo che un dipendente della sanità colpevole di reati all’interno delle strutture pubbliche sia stato sospeso e poi reintegrato come se niente fosse. Occorre, comunque, aspettare la condanna definitiva prima che si possa allontanarlo dal posto di lavoro. Fatto salvo il principio di presunzione di innocenza, bisognerebbe piuttosto pensare a tutelare i più deboli, i malati, i pazienti. Per questo chi sbaglia dovrebbe essere sospeso immediatamente anche prima della sentenza dando la sanzione disciplinare più severa. Mi auguro, appunto, che in questo senso i giudici applichino i provvedimenti più severi».

Con quali strumenti però?

«Ho presentato una norma il cui iter è già stato avviato in Parlamento e che introduce un aumento fino a un terzo della pena prevista, nel caso di operatori sanitari e gestori di strutture residenziali e di cura che siano sorpresi a maltrattare i loro ospiti anziani o disabili ricoverati. Purtroppo si tratta di fatti non isolati e che hanno destato molto clamore in passato. Vanno stroncati e puniti. Ora farò una proposta di emendamento a questo decreto per introdurre lo stesso principio dell’aumento di un terzo della pena per tutti quei dipendenti del sistema nazionale colpevoli di reati all’interno delle strutture sanitarie. Nell’esercizio della loro professione al servizio della collettività e della salute pubblica, va loro riconosciuta una valenza sociale che deve avere anche un contraltare giudiziario».

Anche nei casi di corruzione?

«Anche, perché no».

Lei ha sempre detto che «drogarsi non è normale». Quindi, che a farlo possano essere dei camici bianchi?

«Non è normale e soprattutto è un reato. Di più: queste persone diventano pericolose nello svolgimento della loro attività che, al contrario, richiede cura e attenzione particolare».

Droga e farmaci spariti negli ospedali: servirebbero più controlli.

«Ci tengo a dirlo: se fosse stato già operativo il piano di agenda digitale incluso nel Patto della Salute siglato la settimana scorsa al termine della conferenza Stato-Regioni, il furto dei farmaci al policlinico Umberto I non sarebbe stato possibile. Il Patto va nella direzione della lotta agli sprechi, dell’individuazione di costi standard e finanziamenti certi. Il suo fulcro sta nella messa in rete di tutte le forniture acquisite che finisce per rendere tracciabile il percorso di ogni singola partita di medicinali, da chi li ha ordinati a chi sarà il consumatore finale. Con questo sistema, che raccoglie informazioni a livello centrale, ci saremmo subito accorti dell’ammanco. Quando sarà operativo, tutto sarà più trasparente e ingannare il sistema nazionale diventerà più difficile, anche dai presidi sanitari più periferici».

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