Roma, la sinistra ora punta su Bray

L'ex ministro Bray
di Nino Bertoloni Meli
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Lunedì 7 Marzo 2016, 08:34
«A Renzi diciamo una cosa precisa: non si può fare a meno di un pezzo del partito». Nico Stumpo manda un messaggio in bottiglia al premier segretario, non un altolà e neanche un penultimatum, «è un contributo in positivo per vincere le sfide che contano, quelle delle elezioni, dove valutando i dati dell'affluenza e quelli che hanno riportato i candidati alle primarie, non c'è molto da stare allegri».

La sinistra interna al Pd non rulla i tamburi, né di guerra né di pace. Non ha visto prevalere un proprio candidato da nessuna parte, loro che puntavano su Roberto Morassut a Roma e su Antonio Bassolino a Napoli, ma ora che i risultati appaiono chiari non intendono sventolare bandiera bianca. La battaglia interna che si appresta a fare la sinistra interna è sulla caratterizzazione dei candidati vincenti, che saranno certamente renziani, ma sono caldamente invitati a non considerarsi per questo già con il risultato in tasca o, peggio, che possano fare a meno di altri apporti, di alleanze, soprattutto a sinistra. «Se avesse vinto Morassut, si sarebbe subito intavolato un discorso con Sel e comunque con la sinistra a sinistra del Pd», spiega Stumpo, che ai tempi di Bersani dirigeva l'organizzazione del Pd.
 
LE TENSIONI
Il problema è che a sinistra del Pd a tutto pensano, tranne che a riprendere un dialogo con il partito di Renzi. Semmai, da quelle parti la parola d'ordine sembra essere, ed è, di fare il più male possibile ai cugini o ex tali del Nazareno. Paolo Cento, lo stratega romano di Sel, il rosso-verde che sponsorizzò la rottura già con la giunta Marino, l'andava dicendo alcuni giorni prima che si aprissero le urne delle primarie dem: «Siamo stati ultimamente un po' in disparte e muti, ma se la conta dovesse andare male, se gli elettori saranno in forte calo, allora torneremo alla carica non per chiedere di aprire un tavolo con il Pd, ma per aprirne uno noi a sinistra, per costruire finalmente quella forza a sinistra del Pd che manca da tempo e che serve a maggior ragione adesso».

E ieri Cento è stato di parola, tra i primi a dichiarare in questa direzione ancora a gazebo operanti: «Il calo vistoso di affluenza e la debolezza dei candidati confermano l'inutilità di queste primarie e la necessità di mettere in campo una proposta autonoma dal Pd». Quale proposta? Se ne parla non solo a Roma, ma anche a Milano. Il motivo è semplice: il variegato mondo alla sinistra del Pd pensa, come già svariate altre volte, che questa è l'occasione buona per dar vita a quella forza simile a Podemos in Spagna o Tsipras in Grecia. A Milano sono anche girati i nomi di possibili candidati, prima quello di Curzio Maltese, giornalista eletto con Vendola a Strasburgo; poi è spuntato Gherardo Colombo, l'ex magistrato, ma risultano in calo anche le sue quotazioni, e tutto questo nonostante Giuliano Pisapia abbia dato il proprio consenso a Sala (ma l'operazione sinistra, se andrà in porto, sarà fatta anche contro il sindaco uscente).

LE INDISCREZIONI
Ma è a Roma, che l'“operazione sinistra” sta covando sotto la cenere. Nella Capitale gira con insistenza il nome di Massimo Bray, ex ministro della Cultura nel governo Letta, tra i pochi dalemiani in circolazione, che con la sua eventuale discesa in campo dovrebbe favorire una saldatura tra il mondo alla sinistra del Pd e quello dentro il Pd o comunque gravitante attorno. Bray risulta essere del Pd, ma non è andato a votare alle primarie facendo in modo che si sapesse urbi et orbi, e dovrebbe diventare quel candidato che raccorda tutto ciò che può essere raccordato a sinistra in alternativa se non in competizione con Stefano Fassina, al momento il candidato ufficiale di Sel.

Anche qui, Cento è stato chiaro: «Se ci saranno altre disponibilità a sinistra, lavoreremo insieme a Fassina per unire uno schieramento largo». Non si sa come la prenderà Fassina, che ha abbandonato il Pd proprio per guidare proprio lui questo schieramento, mostrandosi fin qui determinato e convinto, ma l'operazione è in corso e non ancora conclusa. «Stupidaggini», stronca Stumpo, spiegando che la minoranza interna del Pd non vede di buon occhio, anzi avversa, operazioni di questo tipo volte solo a danneggiare il partito, «ma ora Renzi non chiuda i ponti del dialogo a sinistra, come finora è sembrato fare Giachetti, non rispolveriamo quell'autosufficienza che ci ha già fatto perdere altre volte».
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