Campidoglio, stallo in giunta: mancano 5 nomi, dall'Atac al segretario generale

Campidoglio, stallo in giunta: mancano 5 nomi, dall'Atac al segretario generale
di Mauro Evangelisti
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Domenica 2 Ottobre 2016, 10:13 - Ultimo aggiornamento: 10:15

Il primo settembre 2016 sarà ricordato come il dimissioni day: se ne andarono di un colpo Marcello Minenna (assessore al Bilancio), Carla Romana Raineri (capo di Gabinetto) e Alessandro Solidoro (amministratore unico dell'Ama), Marco Rettighieri e Armando Brandolese (direttore generale e amministratore di Atac). Un mese dopo solo due di quelle cinque caselle sono state riempite. Venerdì, dopo una lunga ricerca, per mancanza di alternative è stato assegnato l'assessorato al Bilancio al coordinatore dello staff della Raggi, Andrea Mazzillo. Ma gli altri posti sono ancora vacanti. Manca il segretario generale e in più si sono aggiunte altre grane visto che Stefano Fermante, ragioniere capo, ha chiesto di essere trasferito. La leggenda vuole che Virginia Raggi non abbia letto subito la relazione di 20 pagine con cui Fermante denuncia il caos conti, perché senza capo di gabinetto e segretario generale ormai nessuno controlla la corrispondenza. Sono cinque i posti chiave ancora ballerini. Ricapitolando: capo di gabinetto, segretario generale, ragioniere capo, amministratore unico Ama e direttore generale dell'Atac. Altro dato: tra un mese scadrà anche il mandato dell'attuale comandante della polizia municipale, Diego Porta, ma in questo caso l'amministrazione si è mossa per tempo ed ha già raccolto le candidature interne di chi aspira a quel posto e dunque potrebbe decidere senza affanni. Più in generale, il 31 ottobre scadranno le nomine di oltre cento dirigenti, in un mese la Raggi dovrà decidere chi confermare e chi sostituire.

IMPASSE
Se per Ama la scelta comunque arriverà questa settimana, attingendo sempre da competenze del nord, per il ruolo chiave di capo di Gabinetto ancora si sta navigando a vista. Non è cosa da poco: chi ricopre quel posto è colui che sovrintende a tutti gli atti dell'amministrazione, vigila sulla loro legittimità, dovrebbe essere il collaboratore più fidato del sindaco. Da un mese ci si affida a un vice capo di gabinetto vicario, Virginia Proverbio, 57 anni, ereditata da Tronca. Ma è un'anomalia che ci sia un vice senza un titolare. Il problema è che anche per riempire questa casella la Raggi sta incontrando delle difficoltà: ad esempio, era stato individuato Caro Lucrezio Monticelli del Consiglio di Stato, ma ci sono degli ostacoli burocratici. Non solo: Gian Luca Berruti, ufficiale della Guardia di Finanza molto stimato, inizialmente ipotizzato dalla Raggi per guidare l'anti corruzione, era apparsa un'ottima soluzione per fare il capo di Gabinetto, ma il comandante generale delle Fiamme Gialle ha negato l'autorizzazione. In sintesi: una raffica di no, causata da questo mese di follia, bufere, nomine firmate e poi revocate via Facebook, giudici della corte dei conti chiamati e poi scaricati con l'accusa di qualche M5S fare parte della casta, ha raffreddato l'entusiasmo di chi all'inizio avrebbe voluto partecipare a un processo di rinnovamento di Roma Capitale.

VENTO DEL NORD
Per l'amministratore unico dell'Ama è stato chiesto aiuto alla Casaleggio e Associati, che di fatto aveva già benedetto la scelta del direttore generale, Stefano Bina, nelle prossime ore dovrebbe essere annunciato il nome, ma certo avere lasciato vacante quel ruolo per oltre un mese non ha aiutato l'azienda. Sempre dalla Casaleggio è arrivato il nome dell'uomo delle partecipate, Massimo Colomban, imprenditore e «indipendentista veneto», come lui stesso ha rivendicato. Più precisamente: il suo nome era in una lista fornita alla Raggi che poi ha contattato e incontrato Colomban che ha convinto anche gli altri assessori. Con una buona dose di perfidia il governatore del Veneto, il leghista Luca Zaia (Colomban nel 2010 si è candidato in una lista che lo sosteneva), gli ha fatto gli auguri: «Spero che il suo lavoro porti ottimi frutti, ogni euro risparmiato sugli sprechi di Roma si può tradurre in qualche euro di tasse in meno pagate dai veneti».