Dalla scuola alle imprese ecco i costi dell’azzardo

Dalla scuola alle imprese ecco i costi dell’azzardo
di Andrea Bassi
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Martedì 24 Ottobre 2017, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 18:43

La partita tra governo, Veneto e Lombardia, non sarà semplice. Anche perché il rischio non è solo che si giochi su campi differenti, ma che addirittura che tra Roma, Milano e Venezia ognuno giochi ad uno sport diverso. Per rendersene conto, basta leggere il disegno di legge della Regione Veneto approvato ieri a tempo di record.

Come hanno ricordato molti esperti, la Costituzione non consente di incidere, attraverso l’autonomia, sul “residuo fiscale”, ossia la differenza tra quanto i cittadini di una Regione pagano in tributi e quanto ricevono in servizi. Lo Stato può trasferire alle Regioni maggiori competenze in 23 materie, e le relative risorse. Se in una Regione i contribuenti pagano mille e ricevono ottocento, il residuo fiscale è 200. Se ottengono nuove competenze per 100, Roma trasferisce anche risorse per 100, quelle stesse che usava per finanziare in quel territorio quei servizi. La somma algebrica è zero. I servizi rimangono gli stessi, quello che si sposta sono la spesa e le risorse. Ma dal punto di vista del residuo fiscale nulla cambia. 

LA PIATTAFORMA
All’articolo due del disegno di legge approvato ieri dalla giunta del Veneto, invece, viene subito chiarito che l’obiettivo è tenere sul territorio i nove decimi delle entrate fiscali. E le richieste inserite nel testo che fa da piattaforma per la trattativa del governo, vanno tutte in questa direzione, tenere entrate sul territorio. Qualche esempio. Le maggiori competenze sulla «previdenza complementare», vengono interpretate come attribuzione al Veneto del gettito della tassa del 20% sui fondi pensione relativi al territorio. Così come c’è una richiesta per la regionalizzazione del gettito dell’accisa sul gas naturale rigassificato in Veneto. Poi c’è un intero capitolo «fondi pubblici». Come quelli per aiutare il sistema produttivo. I 6 miliardi di euro del fondo rotativo per il sostegno alle imprese, gestito dalla Cassa Depositi e Prestiti, secondo le richieste, dovrebbero essere dati in gestione al Veneto in proporzione del numero di imprese presenti sul territorio. Così come il miliardo e passa del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. Ed ancora, la Regione chiede il passaggio sotto il suo controllo di 700 chilometri di strade Anas, la devoluzione di una quota del finanziamento statale ad Agea e la regionalizzazione delle operazioni di Ismea, l’istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare. 

Ma la partita più sostanziosa, da un punto di vista di risorse, è quella che si gioca sull’istruzione. Secondo i dati della spesa regionalizzata della Ragioneria generale dello Stato, si tratta di un capitolo che vale 5,5 miliardi per la Lombardia e quasi 3 miliardi per il Veneto. Anche su questo punto la Regione guidata da Luca Zaia ha le idee chiare. Vuole tutte le competenze, comprese tutte le risorse umane, vale a dire la titolarità dei rapporti di lavoro dei docenti e degli amministrativi. Anche sulla salute, l’intenzione è quella di avere una autonomia completa. 

I CALCOLI
La sanità è già una competenza regionale, ma il Veneto chiede di ottenere anche le residue competenze statali che, sempre secondo i dati della Ragioneria, valgono circa 300 milioni di euro (circa 800 per la Regione Lombardia). E poi ci sono le competenze sul governo del territorio, un capitolo da 700 milioni per la Lombardia e 670 milioni per il Veneto.

Anche in questo caso si chiede la completa autonomia. La Regione guidata da Zaia chiede anche di avere tutte le competenze in materia di procedure di «Via» di valutazione di impatto ambientale, che invece oggi sono dello Stato. Il Veneto, in particolare, vuole fare “en plein”, provando a mirare diritto all’obiettivo del residuo fiscale. Quello stesso residuo fiscale che se fosse intaccato, come ha ricordato il vice segretario del Pd Maurizio Martina, aprirebbe uno scenario di «quasi secessione».

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