L'altolà di Renzi: «Al Paese non serve il voto». E anche il Colle boccia la staffetta

Il presidente del Consiglio Enrico Letta e il segretario del Pd Matteo Renzi
di Nino Bertoloni Meli
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Sabato 8 Febbraio 2014, 08:06 - Ultimo aggiornamento: 08:12
Mai al governo con Berlusconi. E ancora: A me converrebbe votare, all’Italia no. Cos parl Matteo Renzi. E parlarono anche gli alleati attuali del governo Letta, l’Ncd di Angelino Alfano per incitare il Pd a «crederci» a un rilancio dell’esecutivo attuale, e Scelta civica, che ha chiesto un vertice di maggioranza «per fare chiarezza».



Dal fronte dem, però, la chiarezza arriva fino a un certo punto. Nel senso che il segretario continua a tenersi aperte varie strade - dieci mesi ancora per l’attuale governo; elezioni subito; elezioni nel 2015 - compresa la cosiddetta staffetta a palazzo Chigi tra lui e l’amico Letta, ipotesi che rimane sul tappeto ma che ha perso molti punti, per alcuni sarebbe già tramontata. Cronaca di una staffetta mai nata. Quel «mai al governo con Berlusconi» non è solo il twitter di risposta a un editorialista di Repubblica che minacciava di voltare le spalle a Renzi se avesse osato allearsi con il Cavaliere, è l’ammissione preventiva che, ove mai il leader del Pd aspirasse a guidare il governo senza passare dal voto, non ricorrerebbe a un’altra maggioranza. Niente larghisime intese a sostegno di un governo del rottamatore. Verrebbe meno, in sostanza, un presupposto politico fondamentale per dar seguito alla staffetta. Il tutto al netto degli orientamenti del Colle, dove non si segnalano incoraggiamenti a proseguire su questa ipotesi. Anzi, tutt’altro.



La cerchia La conclusione è che, alla vigilia della settimana decisiva alla Camera sulla legge elettorale, il duo Letta-Renzi dovrà per forza arrivare a un chiarimento. C’è già chi, nella cerchia di entrambi, dà per scontato un abboccamento come minimo telefonico nel week-end, visto che il premier è volato a Sochi. «Letta e Renzi devono collaborare», l’esortazione di Walter Veltroni, che di duelli e staffette e competizioni con l’amico D’Alema è stato più volte protagonista. Un altro sprone a evitare conflitti in famiglia viene dalla minoranza interna del Pd, che si è riunita, ha ascoltato la relazione di Gianni Cuperlo e l’ha approvata all’unanimità.



Una linea attestata su: serve una «ripartenza» del governo, altrimenti meglio andare alle urne. Nella «ripartenza» è implicito che a guidarla possa essere Renzi e non Letta, ma l’ipotesi è agitata con meno convinzione. C’è poi la linea di quanti, dentro il Pd e tra i renziani, avvertono il segretario dal guardarsi dalle sirene di staffetta, un ”partito del no” che sembra aver ripreso vigore tanto da spingere il leader ad allontanare da sé l’idea. Da fuori il Pd, è Achille Occhetto che mette sull’avviso Renzi: «A spingerlo verso palazzo Chigi sono i suoi avversari, se ne guardi. Se sarà lui a guidare il centrosinistra, lo voterò».



La tensione rimane tutta. Nel pomeriggio si fa vedere a Montecitorio il ministro Dario Franceschini, si intrattiene con diversi deputati, parla a lungo con Andrea Martella e Walter Verini, spiega che la situazione appare sfilacciata, che oltre alla legge elettorale ci sono tanti decreti in attesa di approvazione, e che se la situazione non si chiarisce «l’incidente di percorso è dietro l’angolo», avverte Verini, per cui «l’unica strada è che Letta e Renzi si chiariscano. L’occasione per far passare alcune riforme importanti c’è tutta».
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