Renzi e la follia: Qualcuno volò sul nido del cuculo il mio film preferito

Una scena di Qualcuno volò sul nido del cuculo
di Mario Ajello
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Mercoledì 5 Marzo 2014, 08:05
Matteo Renzi nel manicomio della politica. Il presidente del Consiglio come un celebre personaggio cinematografico. Il personaggio cinematografico è Jack Nicholson in «Qualcuno volò sul nido del cuculo», il quale dentro l’ospedale dei pazzi decide di rompere le regole e di sovvertire gli schemi che regnano in quel luogo e lo rendono oppressivo. Ecco, Matteo contro le istituzioni che schiacciano la libertà e impediscono lo sprigionarsi della forza creativa e delle altre potenzialità degli uomini che dovrebbero essere padroni del proprio destino e forti del proprio coraggio.



Così si spiega l’annuncio del premier, nella twitter-intervista a Vanity Fair, il quale elencando i suoi gusti cinematografici - da «The master» a «Roma città aperta», dalla «Grande bellezza» ai «300» e a «Quasi amici» - dichiara: «Il mio film prediletto è Qualcuno volò sul nido del cuculo». Riuscirà Renzi a vincere questa sua sfida liberatoria oppure lui, che ripete di continuo «se perdo la colpa è soltanto mia», verrà travolto da questa sana follia di voler rendere meno manicomiale la politica che ha ospedalizzato se stessa e si è auto-rinchiusa in un universo che la blocca, la annichilisce e la rende irriducibile alla normalità?



Il neurologo Rosario Sorrentino - che ieri insieme al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, è andato in una scuola romana parlare dello spinello che «non è una droga leggera» - osserva: «Renzi si identifica in Nicholson e nell’indiano, altro personaggio cult di quel film di Milos Forman, del ’75, ossia nello spirito di coloro che vogliono ribellarsi a un potere pre-costituito. Nel fare questo, Matteo parla a Matteo dicendo a se stesso, consapevole del compito tremendo che lo attende: Matteo, non abbassare la tensione». Proprio come Nicholson che nel film le prova tutte, per cambiare il sistema. Sull’esempio di McMurphy, così si chiama il protagonista di questo capolavoro, i degenti imparano ad essere persone e a esprimere liberamente le proprie necessità. Poi, però, Nicholson finisce male: viene lobotomizzato. «Oddio, no: Renzi non corre proprio questo pericolo, come è ovvio», assicura lo psichiatra Luigi Cancrini. Il quale giudica positivamente la predilezione del premier per «Qualcuno volò sul nido del cuculo». Spiega Cancrini: «Renzi è sia McMurphy sia Capo Bromden, cioè l’indiano.



Quest’ultimo fugge dal manicomio e la sua fuga, in quella scena meravigliosa in cui egli strappa il pesante lavandino dell’ospedale psichiatrico e lo lancia sulle sbarre sfondandole, è il prodotto della ribellione di Nicholson». Agire, osare, rompere, liberare se stesso e gli altri, azzerare il manicomio Italia dandogli un «cambiamento radicale». E se Renzi per simboleggiare tutto ciò sceglie il film di Forman, uno dei pochi ad aver vinto a suo tempo tutti e cinque gli Oscar principali, Silvio Berlusconi identificò la sua battaglia nell’«Elogio della follia» di Erasmo da Rotterdam, suo libro prediletto di cui è stato anche editore e prefatore.



Di solito, quando si parla di politico pazzo ci si riferisce allo scespiriano Riccardo III. O a re Giorgio, e «La pazzia di re Giorgio» è uno spettacolo teatrale (e libretto, edito da Adelphi) gustosissimo di Alan Bennett in cui si racconta l’uscita di senno da parte del sovrano e di come il primo ministro William Pitt il Giovane dispone le misure necessarie per le cure del monarca e per tenere il più possibile all’oscuro il Parlamento sul vero stato di salute di Giorgio. Ma Renzi, indicando il film che gli piace, imposta il rapporto tra politica e pazzia in altro modo. «Il premier considera la politica come una sorta di grande recinto - spiega Sorrentino - all’interno del quale si sono strutturati gruppi che decidono e bloccano tutto e lui vuole abbattere questo muro e riconquistare la politica alla normalità. In questa sua lotta, Renzi non nega la paura, è consapevole della sua paura - la paura di sbagliare, di fallire nel compito - e la utilizza come energia da trasferire agli altri. In questo è un vero leader». Un prototipo di leader, secondo Matteo, è stato Steve Jobs. Infatti egli ha spesso citato la massima di quel grande americano inventore della Apple: «Sii affamato, sii pazzo».



IL RABDOMANTE

Matteo è un pazzo? «Non lo è affatto», osserva ancora il neurologo Sorrentino: «Direi che è un tipo imprevedibile. In lui prevalgono l’emozione, la passione, l’istinto che spesso incidono nella ragione. E’ il rabdomante delle emozioni, capace di mettersi in empatia con gli altri. In questo è come Nicholson nel film di Forman».



Ma Jack in quella pellicola non era pazzo affatto. I medici gli dicevano «sei pazzo», ma non era così. Anche a Renzi tanti dicono «sei pazzo», «ti sei imbarcato in un’impresa folle», «non vai da nessuna parte»: ma lui insiste. «Mi gioco tutto. O vinco o perdo». Osando l’impossibile, ossia volando sul nido del cuculo.
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