Renzi blinda il governo: ci serve un anno per cambiare

Renzi blinda il governo: ci serve un anno per cambiare
di Alberto Gentili
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Mercoledì 5 Marzo 2014, 08:09
A Matteo Renzi sono servite due telefonate e tutta la sua arte d’imbonitore per convincere Silvio Berlusconi a dire s al “mezzo Italicum”, la riforma elettorale buona solo per la Camera e non per il Senato. L’ultimo contatto, appena arrivato a Tunisi, è stato quello decisivo. A Silvio Berlusconi che mugugnava, che parlava di patto tradito, il premier ha illustrato «tutta la convenienza» a dare il via libera. La possibilità di iscriversi al ristretto elenco dei padri della Patria, «mettendo il timbro» all’abolizione del Senato.



«Una riforma che chiedono tutti i cittadini, stanchi di tanti politici stipendiati...». E una sorta di disarmo bilaterale a tempo: da qui a un anno, dovendo fare i conti con i servizi sociali o con gli arresti domiciliari, Berlusconi non ha interesse ad andare alle elezioni. E tantomeno Renzi, che ha appena preso il timone di palazzo Chigi. «E noi quest’anno lo sfruttiamo per cancellare Senato e senatori. Una rivoluzione. Per di più togliendo il potere di ricatto ai partitini»».



BYE BYE ELEZIONI

C’è da dire che molti, a Montecitorio, hanno salutato con scetticismo la mossa del premier. Per tanti si tratta di azzardo perché l’operazione “mezzo Italicum” di fatto rende impossibile andare a votare prima dell’abolizione del Senato. «Si creerebbero presumibilmente maggioranze diverse, sarebbe un disastro. Il caos», si tormenta il centrista Pino Pisicchio. «In questo modo Renzi non ha più la pistola sul tavolo, non può più minacciare di andare alle elezioni», aggiunge l’ex ministro Giampiero D’Alia, «e se aveva fatto l’accordo con Berlusconi per mettere in trappola Letta, ora in quella trappola ci si è ficcato lui».



Inutile dire che la lettura di Renzi e dei renziani è opposta. Per il premier si tratta di «un successo indiscutibile». Anche perché ora che è andato a palazzo Chigi, non ha più interesse di precipitare verso le elezioni. E l’accordo siglato ieri, se reggerà alla prova dell’Aula, garantirà a Renzi almeno un anno di navigazione: un anno indispensabile per «cambiare tutto» e provare a dimostrare di saper governare il Paese. «Rispetto a un mese fa il copione è cambiato», spiega Antonello Giacomelli, neo sottosegretario pd alle Telecomunicazioni, «se prima Matteo poteva minacciare le elezioni se non si faceva la legge elettorale, ora ha interesse ad arrivare al 2018 per cambiare volto all’Italia».



«TRAGUARDO STORICO»

Ma non è detto che Renzi - che con questa mossa ha tranquillizzato gli alleati, a partire da Angelino Alfano - debba aspettare quattro anni. A sentire i renziani del cerchio ristretto l’obiettivo del premier non è durare, ma «incassare il colpo clamoroso e storico» dell’abolizione del Senato. «Una cosa che non è riuscita a nessuno». Poi, una volta incassato il colpaccio, non ci saranno più impedimenti per andare alle urne. «E se non ci faranno lavorare, se cercheranno di farci affogare nella palude impedendoci di governare», afferma un renziano di alto rango, «a quel punto tra un anno o poco più andremo sparati alle elezioni». Se invece ieri fosse saltata l’intesa con Berlusconi, «saremmo stati condannati alle larghe intese eterne...».



Raccontano però che anche Berlusconi, dopo aver dato l’assenso al “mezzo Italicum”, ha condiviso la lettura di un Renzi indebolito a causa di quello che Francesco Sanna (Pd) chiama «disincentivo elettorale». A Denis Verdini che lo invitava a dire sì, perché in questo modo il premier perdeva la sua arma migliore (le elezioni, appunto), il Cavaliere ha risposto annuendo e affermando: «Renzi con questa mossa si rende ostaggio della sua maggioranza, con una legge elettorale buona solo per la Camera non può più andare a votare».



Vero? Probabile, come dimostra l’esultanza di Alfano & C. Ma è anche probabile che il Cavaliere sarebbe tornato marginale, se avesse rifiutato l’intesa. «Berlusconi ha scelto il male minore», sostiene Dario Ginefra della minoranza democrat, «una parte del Pd spingeva per andare avanti a maggioranza semplice, per poi fare il referendum confermativo rendendo il Cavaliere ininfluente. Con il suo sì, invece, si è mantenuto in gioco».



C’è da capire se il Quirinale darà il disco verde al doppio sistema elettorale. Più di un renziano teme che da Giorgio Napolitano arriverà uno stop. Ma per ora dal Colle non arriva alcun commento, solo la promessa che la vicenda verrà seguita «con la massima attenzione».
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