La politica estera/ Una bussola per rimettere l’Italia al centro della scena

di ​Nicola Latorre
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Giovedì 5 Aprile 2018, 00:00
L’operazione di cinque agenti della polizia doganale francese nel centro per migranti di Bardonecchia, in provincia di Torino, fino a ieri è stata totalmente ignorata dal governo Macron. Soltanto nelle ultime ore, infatti, il ministro Darmarin è tornato sulla vicenda affermando di essere molto dispiaciuto e di avere in programma di venire in Italia il prossimo 16 aprile. Al di là di queste dichiarazioni, che apprezziamo nonostante siano arrivate con leggero ritardo, a mio avviso quella operazione rimane una seppur marginale ma significativa violazione della nostra sovranità nazionale, che è stata invece derubricata a «increscioso incidente».

Qualche giorno prima, inoltre, vi era stata l’espulsione di due diplomatici russi dal nostro territorio in segno di solidarietà con il Regno Unito e in coordinamento con partner europei e alleati Nato. Questi sono solo gli ultimi due episodi in ordine cronologico che segnalano la necessità, non più rinviabile, di rendere esplicita la rotta che il nostro Paese intende seguire in politica estera in una fase così convulsa come quella attuale, segnata da profondi mutamenti nello scenario mondiale. 

Le elezioni politiche si sono svolte più di un mese fa e nella discussione sulla formazione del governo, tuttora in corso in queste ore attraverso le consultazioni al Quirinale, c’è un convitato di pietra di cui nessuno parla. 

Esso è il tema di quale idea di politica estera deve avere l’Italia anche rispetto al mantenimento degli impegni internazionali assunti nel corso degli anni. Penso in primo luogo all’Europa o alla Nato. Le risposte a questi interrogativi sono fondamentali perché da esse dipenderà molto del nostro futuro, sia in termini di sicurezza che di gestione dei flussi migratori, dove sarà decisiva la strategia italiana nell’area del Mediterraneo e in Africa. La sensazione è invece di essere in una perenne campagna elettorale dove le proposte delle varie forze politiche fanno soltanto leva sugli umori e sulla pancia degli elettori, penso alla flax tax o al reddito di cittadinanza, senza tenere conto della vera posta in gioco. 

Eppure la nostra vita quotidiana dipende molto dalla strategia internazionale dell’Italia, persino i temi di politica economica dipendono strettamente da questo e gli elettori hanno il diritto di conoscere le posizioni dei protagonisti, possibilmente più precise, concrete e scevre dalle strumentalizzazioni del dibattito elettorale. 

Per fare soltanto un altro esempio: l’annuncio di Trump di nuovi e ulteriori dazi per 50 miliardi di dollari è una bomba ad orologeria anche per il nostro Paese. Al di là della colorita dichiarazione di Matteo Salvini che nel caso diventasse premier ha annunciato dazi in stile trumpiano, nessun’altra forza politica ha espresso una opinione in merito. Un silenzio assordante che non prelude a nulla di buono. Le alleanze in Parlamento tra le varie forze politiche non possono dunque prescindere da questo tema che dovrebbe essere il primo punto all’ordine del giorno dal quale partire per la formazione di un Governo. 

D’altro canto su quale strategia di politica estera andrebbe sottoscritto un “contratto di governo”, come proposto da Di Maio tra forze politiche che potrebbero essere nella sostanza molto più distanti di quanto possa apparire quando si fa propaganda. E del resto nei prossimi mesi il nuovo Parlamento sarà chiamato, in base alla nuova legge quadro sulle missioni internazionali, a confrontarsi con questi temi. 

Oltre alla proroga di tante missioni di peacekeeping, bisognerà anche dare seguito all’impegno preso sulla missione in Niger, sulla quale peraltro alcune forze politiche si erano dichiarate contrarie. Per questo è lecito domandarsi se esiste una idea comune di interesse nazionale tra le forze politiche protagoniste di questo passaggio. C’è una comune idea su questo? E se ci fosse, come si coniugherebbe con gli impegni presi in sede internazionale? 
Penso sia arrivato il momento di uscire da tutte le ambiguità nelle quali le forze politiche sono completamente immerse da più di un mese e affrontare questo dibattito in modo franco e diretto.

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