La squadra di Renzi: il vero numero due è Delrio, veto di D'Alema a Cuperlo

Graziano Derio
di Nino Bertoloni Meli
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Martedì 10 Dicembre 2013, 08:17 - Ultimo aggiornamento: 08:18
Franceschiniani con sorriso smagliante. Veltroniani con i musi lunghi. Dalemiani e bersaniani fuori da tutto. Non appena Matteo Renzi rende nota la sua squadra davanti ai giornalisti, i volti di alcuni dei presenti rendono meglio di tutto il quadro che si è creato. Sette donne e cinque uomini per la segreteria renziana, con alcune aspettative confermate e altre disattese. Ci sono i fedelissimi del neo segretario, ovviamente, e in posti chiave: Luca Lotti all’organizzazione; Maria Elena Boschi alle istituzioni; Lorenzo Guerini portavoce; Davide Faraone si occuperà di scuola e welfare; Francesco Nicodemo alla comunicazione; Stefano Bonaccini agli enti locali; Alessia Morani, ex bersaniana pesarese, alla giustizia. Ci sono poi ben quattro di Areadem, la componente di Dario Franceschini, presente con quattro donne: Pina Picierno che si occuperà di legalità; Federica Mogherini agli esteri; Deborah Serracchiani va alle infrastrutture; Chiara Braga all’ambiente. Un debito acquisito dal sindaco e un credito di Franceschini, che ha influito non poco nel buon risultato renziano ai congressi locali pre-primarie.



NATIVI DEMOCRATICI

Tra i magnifici dodici figura anche un professore di economia, Filippo Taddei, di provenienza e in quota civatiana; a chiudere il quadro, Marianna Madia, responsabile lavoro, di difficile e incerta collocazione, essendo stata portata in Parlamento da Veltroni all’epoca, poi però distaccatasene con un profilo tutto suo. Sacrificato risulta il veltroniano Antonio Funiciello, non confermato all’informazione, che quindi esce dal vertice. Età media: 35 anni. Esperienza politica: tutta e solo nel Pd, i cosiddetti «nativi» democratici, quelli venuti alla politica non dai Ds o dal Ppi, ma con il Pd.

Che tipo di segreteria, questa varata da Renzi? E’ qualcosa a metà tra lo staff e l’assegnazione di incarichi politici, più il primo che i secondi, una squadra operativa dove le reali funzioni di direzione politica saranno altrove, in altri gangli e soprattutto in altre figure a cominciare dal segretario. Il vero numero due del Pd renziano si chiama Graziano Delrio, l’attuale ministro delle Regioni, l’uomo al quale tutti rimandano quando si tratta di mediare e decidere sulle Province o sulle riforme, quello che all’ultima Leopolda tenne il discorso conclusivo appena prima del sindaco, nonché ufficiale di collegamento con il mondo prodiano, che non guasta.

E gli altri? E gli sconfitti? Nel lungo faccia a faccia avuto da Renzi con Gianni Cuperlo al Nazareno, il neo segretario si è visto respingere l’offerta di avere un cuperliano in direzione, «preferiamo rimanere fuori», ha detto l’ex competitor. Il motivo sta nel niet opposto da Massimo D’Alema, che sconfitto finanche a Foggia da Scalfarotto ha deciso di stare all’opposizione e di dare battaglia, «lasciamolo fare da solo», il suo viatico, non salutato positivamente dai renziani, «è una scelta brutta, foriera di sviluppi negativi, dove vuole arrivare?», si chiede Angelo Rughetti. «Nessuna scissione alle porte, ma siamo pronti a dare battaglia», il grido dalemiano. Non ci stanno neanche i giovani turchi. E sul piede di guerra pure i bersaniani estromessi da tutto, che stanno ora assistendo attoniti agli slittamenti nei gruppi parlamentari, creati a immagine e somiglianza dell’ex leader.
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