Referendum, il premier prova la rimonta al Sud. Minaccia hacker russi sul voto

Referendum, il premier prova la rimonta al Sud. Minaccia hacker russi sul voto
di Nino Bertoloni Meli
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Mercoledì 16 Novembre 2016, 08:31 - Ultimo aggiornamento: 17 Novembre, 08:10


ROMA «Il futuro del Paese si gioca al Sud e in Sicilia», dice Matteo Renzi nel primo dei suoi bagni di folla in terra isolana, a Catania, dove ha dovuto prolungare l'iniziativa causa pienone. Poco più giù, a Ragusa, ai 2.500 iblei (stime di agenzie) è toccato aspettare oltre un'ora per assistere all'arrivo del premier e poterlo ascoltare.
Una due giorni siciliana che fa ben sperare il fronte del Sì, viste le piazze e l'interesse e la partecipazione, sempre che non valga il detto dei tempi del Pci piazze piene, urne vuote. Ma Renzi fa le corna, al proposito. La tappa isolana è stata studiata appositamente: sondaggi a parte, l'impressione che si coglie nel fronte del Sì è di un Nord abbastanza convinto delle ragioni della riforma, un Settentrione più propenso al voto favorevole, mentre al Sud il discorso cambia, c'è più refrattarietà, meno adesione, più incertezza. Renzi lo sa, e tenta la rimonta proprio dal Sud, non andando a promettere mari e monti («in passato la politica cercava di mettere solo pezze al Sud»), ma spiegando che sono le riforme l'opportunità vera per ripartire, per risollevarsi, per essere a pieno titolo in Europa, insomma «con il Sì anche il Sud può farcela». Intanto mancano 18 giorni al referendum e la temperatura, tra duelli e polemiche, si scalda. Il Comitato Basta un Sì denuncia che il suo sito è stato ripetutamente vittima di hacker. Notizia che si inserisce in un clima di timori e sospetti, che si fanno strada nella Ue, su possibili interferenze russe (a partire dalle azioni sui social network) nelle elezioni di stati membri, dopo il precedente Usa su Trump.
Polemiche a parte, il premier arriva in Sicilia (oggi sarà a Palermo) confortato dai dati di un Pil in crescita, e al proposito non manca di ripetere quello che appare ormai un mantra della campagna, «con le riforme il Pil va su, senza le riforme ad andare su è lo spread». A Catania trova modo di scherzare sulla santa protettrice del capoluogo, «sant'Agata fa il tifo per noi, me lo ha detto l'arcivescovo». E sotto l'Etna Renzi tornerà anche a fine campagna, a sottolineare l'importanza che riveste il voto meridionale.

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CONTROMANIFESTAZIONI
L'hanno capito anche gli altri, i contrari, i sostenitori del No, che hanno pensato bene di farsi sentire con loro iniziative dal sapore, come dire, surreale. La Fiom ha addirittura proclamato un'ora di sciopero per l'arrivo di Renzi a Palermo, mentre la Cgil, più equilibrata, ha promosso una manifestazione a favore del No assieme all'Anpi che in Sicilia notoriamente non esiste né si sa che cosa sia, visto che a liberare l'isola ci pensò lo sbarco alleato. Ma tant'è. Ognuno gioca la sua parte, anche la Uil che ha il suo leader da Messina, e che sostiene che «Renzi fa solo promesse». Uno sguardo più largo adotta Beppe Grillo, che a seguito della lettera del premier agli italiani all'estero non polemizza su questa, ma invita a tenere gli occhi aperti su possibili «brogli» nel voto estero.

Sul fronte più generale della polemica referendaria, Renzi è tornato a criticare il variegato schieramento del No, questa volta ricorrendo alla coppia nuovo/vecchio in funzione rovesciata: «Noi saremmo il sistema e gli altri gli anti sistema? Mah, non ho mai visto un anti sistema votare per lo status quo, perché non cambi nulla». E ancora: «Se passa il No tornano quelli della prima Repubblica, i De Mita, Berlusconi e D'Alema». Scende in campo apertamente a favore del Sì Walter Veltroni, che dalla Gruber annuncia che voterà a favore della riforma per tre motivi: «C'è bisogno di innovare una bellissima Costituzione come la nostra; poi, sono molto angosciato dalla crisi della democrazia, causata in primis dalla mancanza di decisione; infine, la vittoria del No aprirebbe una fase di instabilità molto pericolosa». Il fondatore del Pd aggiunge di «non condividere questo clima da guerra civile attorno al referendum», dice anche di «capire le ragioni del No di D'Alema e Bersani», ma con il suo schierarsi per il Sì dà un brutto colpo ai due ex segretari che invece continuano a sostenere il No e a dire in giro che se il Sì perde non succede nulla, anzi.

L'uscita netta di Veltroni contribuisce a chiarire parecchio la dislocazione interna al Pd, anche in vista degli sviluppi post referendari, quale sia l'esito. La vice segretaria Deborah Serracchiani, a Repubblica.it. ha ulteriormente chiarito il proposito renziano di lasciare il governo se dovesse passare il No: «E' giusto dire che non intendiamo galleggiare, e di fronte a un Berlusconi che si dice pronto a fare un governo con chiunque passa per tornare al proporzionale, lui che era presidenzialista, è giusto ribadire che non siamo attaccati alla poltrona».